Nato nel 1984, il gruppo teatrale ConTea, fondato da Ottavio Congiu per arricchire la scena del teatro sardo con interpretazioni di classici come “Sa scomuniga de predi Antiogu”, ha scelto di percorrere un cammino nuovo e dal sapore universale mettendo in scena le opere dello scrittore Pietro Picciau (edite da Grafica del Parteolla) insieme a una schiera di attori bravi e frizzanti.
La squadra è composta da Paola Grassi, Giulia Marini, Rossana Nieddu, Patrizia Marras, Patrizia Mocci, Goffredo Argiolas, Gofredo Fois, Alessia Mattana, Alessandro Lampis, Laura Batzella e Federico Zara.
Il regista e traduttore Ottavio Congiu, nato a Ussana e cittadino di Monserrato da più di 40 anni, regna con brio e autorevolezza su questo gruppo di giovani, li indirizza e li sprona perché venga fuori l’unicità dei loro caratteri e perché il personaggio possa prendere forma senza forzature. Rigore e spontaneità sono le parole d’ordine di questo costante lavoro filologico e teatrale.
“Il sodalizio tra me e Pietro Picciau è cominciato per caso. Ho letto i suoi testi e ho pensato subito a una traduzione in sardo. Abbiamo deciso di proporre testi moderni della vita di oggi. Vogliamo dare spazio alla modernità senza fossilizzarci sulle opere classiche del teatro sardo”, dice Ottavio Congiu reduce dalle numerose repliche di “Bonas Novas”, la storia pirandelliana di alcuni personaggi che, in una fantomatica sala d’aspetto, cercano il senso della vita e della morte. Il regista, con cui abbiamo parlato durante le prove del monologo “Abeta cuaddu miu” (Attesa) e del dialogo “Bisu” (Sogno), parla con gioia della sua formazione teatrale, influenzata dalle rivisitazioni delle opere di Pirandello, Verga e Čechov. L’attrice Giulia Marini, che presterà la voce e il volto alla protagonista del monologo, esperta del teatro di Samuel Beckett e animatrice della vita culturale cagliaritana e monserratina, ci parla di un “teatro che, per entrare nel personaggio, costringe l’attore a gettare via le maschere del quotidiano” e ci racconta di un’opera che “offre al pubblico uno spaccato del dramma odierno del precariato e della disoccupazione, non senza un riferimento al futuro di emigrazione al quale sembrano condannati i giovani dell’Isola”.
Con Attesa, Pietro Picciau sembra infatti aver veramente capito le problematiche giovanili legate al lavoro. Nel testo, ottimamente tradotto da Congiu, traspaiono speranze tradite, ansie, disillusioni e disincanto, in un miscuglio di realtà e flusso interiore che, grazie a un sardo piano, semplice e accattivante (la scelta dei vocaboli fra recupero e modernità ne fanno un capolavoro), restituisce al pubblico una generazione tradita da un intero sistema.
Mentre il regista e gli attori danno inizio alle ultime prove del dialogo “Bisu”, prima della messa in scena nell’ambito della rassegna “Monserrato a teatro”, assistiamo a un botta a risposta fra personaggi nevrotici e moderni che tentano di trovare autonomia letteraria ribellandosi all’autore. Un tocco di metateatro che non dispiacerebbe nemmeno a Woody Allen. Li ascoltiamo, sorridiamo, piangiamo e pensiamo insieme a loro; solo dopo essere usciti dalla sala ci rendiamo conto di aver riso, pianto e pensato in sardo, senza teorici discorsi sull’identità, come se fosse stato italiano, tedesco, castigliano o inglese. Sardi nel mondo, per l’appunto.
Matteo Tuveri