Ciao a tutti!
Anch'io vorrei dire la mia a proposito dell'emigrazione dei cervelli e delle braccia che vanno via dalla Sardegna. Ho tre figli di 30, 27, 25 anni. Due sono partiti per l'Australia, uno in Cile. Sara, laureata a Roma alla Sapienza in Scienze della comunicazione sognava di diventare manager di qualche azienda, preferibilmente nel campo della ristorazione. Alberto, laureato ad Alghero in architettura è partito per il Cile a fare il master post laurea presso uno studio di architetti ed è stato assunto a tempo indeterminato. Sarà un caso oppure sarà perché merita? Essendo la mamma non mi permetto di esprimere giudizi. Stefano, il più piccolo, dopo il diploma ha scelto di fare un apprendistato di barman a Roma, di tre anni; Poi ha cercato lavoro in Sardegna. Ha lavorato a Porto Cervo, per due stagioni, ma aimè, non si può vivere di lavoro stagionale. Sopratutto non si può pensare a un futuro di lavoro stagionale. Allora, cosa si può fare?
Vorrei precisare che Sara parla l'inglese perfettamente e fa la cameriera, ma Stefano che di inglese ne sa poco si deve accontentare di asciugare bicchieri! Mi direte, come mi dicono in molti, che sono fortunata ad avere figli che si danno da fare, che non stanno in poltrona ad aspettare. Cosa? Un lavoro che non c'è? Dove sono finiti i loro sogni? Le loro aspettative, dopo tanti sacrifici loro e della famiglia? (lo so che per i genitori è un sacrosanto dovere sostenerli nell'istruzione e nella formazione in genere, e che come genitore, quello che auspico è la loro serenità. Non ho mai detto loro che dovevano diventare... qualcuno, ma ho sempre insistito sull'istruzione, anche se dovessero fare gli spazzini. Mi inchino davanti agli spazzini che lavorano). Morale della favola: Vorrei chiedere alla Sardegna e all'Italia tutta se si rendono conto di cosa stanno perdendo. Mi scuso dello sfogo. Ho buttato di getto tutto questo in una sonnecchiosa domenica mattina. Saluto cordialmente tutta la redazione.
Natalina Masala
Gentile signora,
il suo “sfogo” riassume con più lucidità di un trattato di sociologia cosa sta avvenendo nel nostro Paese e della nostra Sardegna. Il fiume dell’emigrazione non si è mai arrestato, ha continuato a scorrere e a portare via dall’Isola le energie migliori. Non solo “cervelli”, ma anche “braccia”. Ogni tanto si sente dire che c’è una “nuova emigrazione”. Avendo il polso della situazione e occupandoci di questo dramma da quasi 40 anni possiamo dire che il depauperamento della Sardegna non si è mai fermato, ma semplicemente ignorato da chi aveva responsabilità di governo. La “fuga dei cervelli” era il prezzo da pagare alla globalizzazione. E con questo alibi non sono state adottate, e neppure programmate, politiche per valorizzare le risorse locali, in primo luogo le risorse umane di cui questa terra dispone. Ogni volta c’era un’altra priorità. Ora c’è la crisi economico-finanziaria.
I giovani migliori cercano lontano da casa un lavoro e una vita migliore, e nel frattempo la Sardegna continua ad impoverirsi e a regredire.
