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Poesie in Sardo

Onore a zio Pinuccio

Nella primavera scorsa è scomparso a Macomer, all’età di 86 anni, il poeta Pinuccio Giudice Marras.
Per sua fortuna pochi giorni prima aveva avuto la possibilità, per quanto già malato, di presentare la sua terza raccolta di versi: circondato dai familiari e dalle autorità ha potuto così dare un ultimo saluto al pubblico che lo apprezzava da anni, agli amici e agli estimatori accorsi da tutte le parti dell’isola.


Zio Pinuccio era infatti uno dei maggiori poeti in lingua sarda, per lunghi anni presente e vincitore nei premi letterari sparsi in tutte le contrade, da Trinità d’Agultu a Meana Sardo, da Dorgali a Pozzomaggiore.
Dove si distingueva non soltanto per la qualità dei suoi versi ma anche per una sua presenza discreta e affettuosa, per il tono cordiale e amichevole verso tutti; sempre pronto a scambiare una battuta, a ripescare un aneddoto, a esplorare le ricchezze e i segreti della lingua sarda.
Era un piacere incontrarlo a godere della sua conversazione.
Il rimpianto per la sua scomparsa è stato unanime, la comunità dei poeti gli ha reso onore. Per fortuna ci restano i tre volumi nei quali ha raccolto, insieme alle poesie familiari e d’occasione, quelle che gli hanno fruttato ambiti riconoscimenti.
Il primo risale al 1986 e si intitola Sonnios de lugura; il secondo, Lampizos d’assulenu, è del 2002.
L’ultimo, Lughes de coro (edito dalla Domus de Janas di Selargius, costa 20 euro), si apre con i saluti degli amministratori che l’hanno patrocinato e con l’introduzione di Paolo Pillonca.
Il sindaco di Macomer, Riccardo Uda, parla di lui come un «uomo di impegno, nel suo lavoro e per i lavoratori [era stato a lungo sindacalista], dedito alla famiglia, musa ispiratrice, cui ha donato tutto il suo impegno e i sacrifici».
L’assessore alla Cultura, Giovanni Biccai, lo ritrae come «fine narratore delle cose della vita, che rende dolci e soavi o meste e melanconiche, rispecchiando i sentimenti di noi tutti con il canto più antico della nostra lingua».
Partecipa anche Piero Molotzu, sindaco di Bono, perché il poeta era nativo di quel paese, e non l’aveva mai dimenticato: lo definisce «una di quelle persone che ogni paese sarebbe fiero di avere come figlio», perché «uomo di innata simpatia dall’ironia e dalla battuta spiritosa», che «ha saputo affermarsi in tutte le manifestazioni più prestigiose».
Paolo Pillonca si sofferma ad analizzare la sua “officina” poetica; dove, scrive, era accurato come nella sua professione di mastru de ascia: aveva «su matessi contivizu pro sas paraulas, a tales de bi poder giogare chene faddire».
Riportiamo due sonetti di zio Pinuccio in tema di comportamento e moralità, e su questo stesso filo facciamo seguire gli altri versi.

 

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