Tzuppa de allegùminis de is minadoris
Questa zuppa, la preparava sempre mia nonna materna nella mensa dei minatori che si trovava a Casargius, spostata poi in località “Turbina” nei pressi della miniera, ed era l’unico pasto servito per il pranzo ai minatori, che risalivano dai pozzi dopo ore di duro lavoro per rifocillarsi. Era una zuppa molto calorica, gustosa, abbondante e veniva servita con pane tipo civraxedda (focaccia bassa col buco in mezzo), cotto nel forno a legna che si differenziava da quello panificato in casa, in quanto veniva cotto nel caminetto lievitando meno e assumendo una forma più schiacciata.
Ingredienti:
g 250 di fagioli gioghedda di Castelsardo, g 250 di ceci, 1 bella cipolla rossa, 6 pomodori secchi, 2 carote selvatiche (pistinaga), un mazzetto di sedano selvatico (àppiu arestu o ranùncuru), 1 mazzetto di bietole selvatiche (eda), 1 mazzetto di prezzemolo, 3spicchi d’aglio (porr’e campu), 1 ciuffo di erba cipollina selvatica (cibudda aresta o chipudda agreste), un pezzo di cotenna di maiale, g 400 di patate, un mazzetto di finocchietto selvatico, g 200 di fregula sarda, aglio, strutto suino, olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b.
Preparazione:
La sera prima poni ad ammollare i legumi in acqua tiepida. Il giorno seguente, trita finemente la cipolla insieme alle carote, il sedano, le bietole, il prezzemolo, 2 spicchi d’aglio, i pomodori secchi ben dissalati, il finocchietto, l’erba cipollina e il battuto ottenuto fallo rosolare in una capace pentola di coccio (olla) con un cucchiaio di strutto e un bel giro d’olio. Fatto ciò, riempi il recipiente con dell’acqua, poi aggiungi i fagioli e i ceci sgocciolati, la cotenna, le patate pelate e fatte a rondelle e fai cuocere la zuppa dolcemente per due ore abbondanti a recipiente coperto. Regola il sapore si sale e impreziosiscilo con una generosa macinata di pepe, quindi a un quarto d’ora dal termine di cottura, aggiungi la fregola e appena cotta al dente allontana la zuppa dal fuoco. Dopo cinque minuti versala dentro a delle ciotole, irrora ognuna con un filo d’olio, una macinata di pepe e servi la minestra con fette di pane tipo civraxiu abbrustolite e strofinate con l’aglio rimasto. Vino consigliato bianco: Vernaccia di Oristano superiore, dal sapore fine, sottile, caldo con leggero retrogusto di mandorle amare e asciutto.
Su Zurrette o brent’e sambini
Su zurerette è lo stomaco della pecora. È un piatto forte del mondo pastorale particolarmente diffuso nella Sardegna centrale. Viene preparato col sangue freschissimo dell’animale (sambeddu), pane casereccio, menta, timo, pecorino e condito con un soffritto a base di lardo fine battuto insieme a cipolla e grasso di pecora. La preparazione va servita calda ma è saporita anche fredda e risulta essere una prelibatezza immancabile durante ricorrenze e feste, come quella di San Francesco (Santu Franciscu) a Lula che a maggio e a ottobre si svolge nel Santuario di San Francesco nel nuorese; dove avviene una delle feste rurali più significative della Sardegna e in onore del Santo si celebra la novena. I riti sono molto sentiti dagli abitanti di Lula, ma anche dai pellegrini del nuorese che in occasione della festa compiono decine di chilometri a piedi, sia per sciogliere un voto, sia per chiedere una grazia. Ai fedeli che occupano le caratteristiche cumbessias (locali di soggiorno per i fedeli novenanti derivanti dagli antichi monasteri bizantini) di Nostra Signora di Gonare, per l’occasione il priore nominato dal vescovo, la sera prima parte a cavallo con il suo seguito di cavalieri e di devoti dalla chiesa del rosario in Nuoro, per raggiungere il santuario la mattina del 1 maggio. Prende possesso del santuario, da inizio ai riti di commemorazione e ai fedeli e a coloro che visitano il santuario, il priore offre su filande o filindeu, un intreccio di pasta di semola di grano duro finissima, essiccata e spezzettata, servita con brodo di pecora e pecorino fresco, dolci tipici, cannonau e liquori preparati in casa per l’occasione dalle donne del luogo, pecora bollita e il già citato su zurrette.
Ingredienti:
1 stomaco di pecora ben pulito, g 100 di lardo fine, g 50 di grasso di pecora, 2 cipolle rosse di Sa Zeppara, 2 litri di sangue di pecora freschissimo, un ciuffo di menta selvatica, uno di timo (armidda), 1 risma di 5 fogli di pane carasau adeguatamente sbriciolato, pecorino fresco, sale e pepe q.b.
Preparazione:
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accogli il sangue di pecora dentro a un recipiente d’acciaio con le pareti alte e con l’aiuto di mestolo di legno, sbattilo in senso rotatorio continuamente per un quarto d’ora, per evitare che il sangue si coaguli e si formino dei grumi, poi regola il sapore di sale, impreziosiscilo con una generosa macinata di pepe e tienilo da parte. Fatto ciò, metti in un tegame il lardo battuto a coltello insieme alla cipolla, il grasso di pecora, una presa di sale, una generosa macinata di pepe e il ricavato fallo rosolare dolcemente fino a quando il soffritto si sarà appassito, quindi allontanalo dal fuoco e tienilo da parte al caldo. A questo punto, versa il sangue dell’animale in una capace conca di terracotta (scivedda) e amalgamalo al soffritto tenuto da parte, al pane carasau, al formaggio grattugiato a grana grossa, il timo e la menta tritati e con il composto ottenuto, farcisci il budello, cercando di non riempirlo troppo per evitare che si apra durante la cottura. Terminata questa operazione, cuci l’apertura con ago e spago per alimenti, accomoda il sanguinaccio dentro a una marmitta colma d’acqua e appena prende bollore, prosegui la cottura per mezz’ora. Trascorso il tempo, servi su zurrette spalmato su fette di pane casereccio abbrustolite o pane carasau. Vino consigliato: Mandrolisai rosso, dal sapore asciutto sapido con retrogusto amarognolo, armonico e tipico.