L’anguilla è un pesce che fa parte della famiglia delle “Anguillidae” e si forma come bruco nel Mar dei Sargassi, nel fulcro dell’Oceano Atlantico e man mano che si sviluppa, si trasferisce sui litorali dell'Atlantico, dall'Islanda al Senegal, fino ad arrivare nelle acque dolciastre e salate del Mar Mediterraneo. Dove depone le uova, essendo questi luoghi con il clima più temperato. Ma l’habitat delle anguille si trova anche negli stagni, nei laghi e c’è persino chi le alleva nell’acqua del pozzo. Ottime sono quelle della laguna veneta, quelle di Comacchio e quelle che si pescano nelle acque interne della Sardegna, per citare alcuni luoghi: il lago di Coghinas, lo stagno di Cabras a ridosso del Sinis e lo stagno di Santa Gilla vicino a Cagliari, luogo pescosissimo, dove gli asseminesi si procuravano le anguille per preparare la famosissima panada de anguidda piatto tipico del luogo, a base di anguille, pomodori secchi, aglio, prezzemolo (in tante famiglie aggiungono patate, cipolle e piselli), olio extravergine d’oliva, sale e pepe, il tutto posto dentro a uno scrigno di pasta violada pasta sfoglia sarda e cotta in forno.
In Sardegna esiste un vero culto dell’anguilla, gli isolani le selezionano meticolosamente, infatti al momento dell’acquisto, indicano al pescivendolo quelle prescelte, che non devono essere più grosse del dito indice di una mano. L’usanza vuole siano cucinate, oltre che come ripieno per le panadas, anche allo spiedo o alla graticola sulla brace, infarinate con la semola e fritte, in guazzetto fatte a pezzi con piselli, pomodori secchi e altri ingredienti, a seconda del luogo e delle tradizioni familiari. È molto importante, quando eliminate la superficie limacciosa delle anguille e le sventrate, di prestare molta attenzione a non entrare a contatto con il sangue del pesce (in quanto nocivo e la stessa tossina è presente anche nella murena e nel grongo), perché se avete qualche escoriazione sulla pelle delle mani potrebbe creare problemi.
L’anguilla si trova in commercio viva, congelata e cucinata, nelle gastronomie e nei reparti di gastronomia dei supermercati più forniti. Ma è reperibile anche conservata in scatola, essiccata come si fa con lo stoccafisso e persino affumicata.
In passato, si pensava che l’anguilla, a causa della similitudine con il serpente (simbolo del male) fosse in qualche modo legato a presagi sfavorevoli. Quindi l’abitudine di cibarsi di anguille e capitone a Capodanno aveva una funzione scaramantica per respingere le angustie e le avversità della vita e auspicarsi un nuovo anno ricco di raccolto, salute e pace in famiglia. Credenza e consuetudine ancora in uso in diverse regioni d’Italia.
In Sardegna, l’anguilla viene denominata con diversi nomi a seconda della zona, quelli più conosciuti sono: anguidda – ambidda – ambidduna – anguidduna– zuncurrunu – zingorra – anghira – grossa – fila trotta e chissà quanti altri nomi ancora. Un antico proverbio sardo recita: Acciappai s'anguidda po sa coa - Acchiappare l'anguilla per la coda, in sostanza significa sbrigare una circostanza complicata quasi impossibile, un gesto arduo da compiere, ma anche risolvere magistralmente una situazione impossibile. Ecco spiegato l’arcano del proverbio.
Una curiosità: dato che l’anguilla ha una pelle abbastanza limacciosa è evidente che diventa un impresa complicata poterla agguantare con le mani. L’unico modo efficace è quello di afferrarla velocemente ponendo il dito indice sotto la pancia e la coda, il dito medio sopra e il dito anulare sotto la pancia, stringere come in una morsa l’anguilla e… il gioco è fatto.
Ingredienti:
kg 1,2 di anguille non più grosse del dito indice di una mano, 2 cipollotti, 2 spicchi d’aglio, un ciuffo di prezzemolo, un ciuffo di timo (armiddha), 4 pomodori secchi ben dissalati, g 50 di uva secca (pabassa), una manciata di pinoli (opinu) tostati, vino bianco secco tipo vernaccia, brodo, olio extravergine d’oliva, zafferano San Gavino, sale e pepe di mulinello q.b.
Preparazione:
prepara la ricetta de is’ambìddhas cun àxina sicca anguille con uva passita nel seguente modo: per prima cosa, poni l’uva secca dentro a una coppetta di vetro, coprila con del vino bianco e lasciala in ammollo fino al momento dell’utilizzo. Intanto, prendi le anguille (fatte eviscerare al momento dell’acquisto dal tuo pescivendolo di fiducia) e strofinale attentamente con del sale grosso per rimuovere la mucillagine limacciosa, poi lavale bene sotto il getto dell’acqua fredda e mettile a sgocciolare dentro a un colapasta. Fatto, trita i cipollotti insieme al prezzemolo, i pomodori secchi e il battuto ottenuto fallo rosolare dentro a una casseruola con un generoso giro d’olio, l’uvetta ammollata, l’aglio schiacciato e un bicchiere scarso di vino. Evaporato, unisci le anguille fatte a pezzi non più grandi di tre dita e prosegui la cottura per mezz’ora circa. Qualche minuti prima, aggiungi il timo sgranato, i pinoli, un’idea di zafferano, allorché regola il sapore di sale, impreziosiscilo con una macinata di pepe (puoi sostituire il pepe con il peperoncino) e porta a termine la cottura, aggiungendo del brodo vegetale bollente, qualora la preparazione tendesse ad asciugarsi. Servi il guazzetto di anguille con dei triangoli di pane tipo coccoi abbrustoliti e strofinati leggermente con dell’aglio.
Vino consigliato: Carignano rosso del Sulcis, dal sapore armonico, sapido e asciutto.