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Realismo, satira e denuncia sociale nella poesia di Pasquale Dessanai

 Pasquale Dessanai (1868 –1919), la cui opera è in buona parte andata perduta, vive e opera come scrivano presso il tribunale di Nuoro in un contesto storico e sociale che partendo dai tardi anni Sessanta dell’Ottocento si protrarrà fino ai primi lustri del secolo successivo. Sono, gli anni in cui il poeta inizia a scrivere, anni difficili per la Sardegna, in modo peculiare per le zone più interne di essa.

L’isola risente particolarmente degli effetti negativi della propria condizione di isolamento, della disastrosa e generalizzata crisi dei commerci, dei risultati di una economia rurale condotta a livelli di mera sussistenza, della mancanza di infrastrutture. Tuttavia, in quella particolare temperie storica, anche molti sardi di Barbagia acquistano consapevolezza e coscienza politica (tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo XX l’ideale socialista inizia far presa su molta parte delle popolazioni dell’interno dell’isola): circa una condizione economica e sociale, quella dell’isola, diventata insostenibile, innanzitutto.  A Nuoro, tra gli intellettuali, gli artisti e i letterati in genere, inizia a svilupparsi una orgogliosa volontà di partecipazione alla lotta contro l’ingiustizia e una infiammata passione civile. In questo clima rovente di grandi cambiamenti economici, politici e sociali, denso di irrefrenabili fermenti intellettuali e artistici, in quella che viene definita, a torto o a ragione,  la ‘Atene sarda’ , opera una moltitudine di personaggi di grande prestigio e rilevanza culturale che animano la vita sociale di Nuoro: oltre a Pasquale Dessanai, il più noto dei poeti de ‘su connottu’ , e a Sebastiano Satta, sono attivi Grazia Deledda, Francesco Ciusa, Antonio Ballero, Giovanni Antonio Mura, Giacinto Satta; questi ed altri intellettuali fanno parte di quella ‘folla’ di personalità di grande spessore che contribuiranno a rendere conosciuta e importante, ben oltre i confini della Sardegna, la città di Nuoro. Del nuorese (ma di origine laconese) Pasquale Dessanai si sa poco, pochissimo. La circostanza concorre ad accrescere il fascino e l’aura di mistero che avvolgono il personaggio. Il giornalista sassarese Stanis Manca, dopo averlo incontrato, lo descrive così: “Era costui un giovinetto imberbe, alto, magro, di una magrezza fenomenale, col mento aguzzo, poveramente vestito, in occhiali, e con un capello di paglia ripiegato sulla fronte”.

Di indole (non solo letteraria) originalissima – del personaggio si parla in alcune lettere che Grazia Deledda invia al citato Stanis Manca e a Epaminonda Provaglio – Dessanai, poeta semicolto e in ritardo con gli studi, viene descritto come un “povero impiegatuccio, scapigliato, aderente a un socialismo non privo di venature anarchiche”.

Dessanai è stato definito “pittore d’ambiente”, poeta sociale, satirico, fustigatore del malcostume, incline alla beffa e al sarcasmo, ironico, anticlericale, arguto e malinconico, attento ai bisogni e ai problemi della povera gente, segnatamente dei contadini e dei pastori della sua Nuoro (Gonario Pinna). Si attesta peraltro di un Dessanai stimato dai poveri, inviso e temuto dai ricchi, mai servile al padronato del suo tempo e castigatore del malcostume (Diego P. Mingioni). 

Facile, dato il tenore di questi brevi profili biografici, immaginare il Dessanai come una sorta di poeta “contro” (contro il sistema politico dell’epoca, essenzialmente, ma anche contro le meschinità umane e gli interessi di casta) certamente più vicino (per indole e perché nella sua attività di artista della parola si serviva della lingua sarda) al tonarese Peppino Mereu piuttosto che al suo concittadino più illustre Sebastiano Satta. Il carattere ribelle e anticonformista di Dessanai, d’altro canto, salta fuori in numerose occasioni. Scrive per esempio il poeta in Ribellione, lirica che costituisce una sorta di ripudio della poesia sarda classica ispirata in modo particolare ai poeti della secentesca Accademia dell’Arcadia:

“Ma como istraccu de ti narrer dea/mi ribello a s'arcàdica manera/de ti chèrrere amare chin s'idea,//e solu t'app' a narre duos faeddos/craros e - s'accussentis - cras a sera/t'app' a dare unu basu a pittigheddos”.

 

Dessanai, almeno agli inizi, compone le proprie liriche in sardo logudorese; le sue prime esperienze poetiche sono raccolte in ‘Neulas’, libro scritto a quattro mani da Pasquale (che vi partecipa con ventidue composizioni) e da Cam (pseudonimo del poeta Amico Cimino) e pubblicato nel 1890. Di Neulas (che tradotto in italiano significa nebbie) Giancarlo Porcu ha scritto che è un canzoniere amoroso giovanile che si inserisce pienamente nella tradizione logudorese. Le prime poesie del nuorese, infatti, oltre a essere scritte in logudorese illustre, appaiono assai ‘manierate’.  Successivamente all’uscita del primo libro, egli pubblica altri testi poetici sulla rivista Vita sarda. Si tratta dei componimenti Cuntrastu, Malinconia, A Lia, A tie, bella durmida, Civetta e Cantigu de su coro. Il poeta nuorese, in questi pochi anni (Vita sarda pubblica i testi di Dessanai dal 1891 al 1893), fa proprie alcune suggestioni stecchettiane richiamandosi all’Aleardi e al Carducci. Ancora alle prese con il canone stilistico logudorese già noto, lo si trova in una fase di piena sperimentazione che, sostiene Giancarlo Porcu, “non porta a risultati veramente rilevanti nè stilisticamente, né sul piano dei contenuti”.

A Pasquale Dessanai Peppino Mereu dedicò la notissima poesia A Pascale Dessanai. L’indole dissacrante del componimento del poeta tonarese sembra attagliarsi perfettamente al tenore delle poesie nuoresi di Dessanai scritte nell’età artisticamente più matura del poeta. Queste ultime appaiono più decisamente orientate a un realismo che rigetta definitivamente i canoni della poesia sarda classica. Le poesie dialettali nuoresi  del vate barbaricino destano maggior interesse rispetto alla sua precedente produzione poetica non solo perché testimoniano dell’impegno politico e sociale profuso dal loro autore, ma anche perché sembrano aderire maggiormente alla personalità ribelle e al carattere insofferente alle imposizioni dell’ordine costituito di Dessanai. Dopo l’assassinio di Umberto I di Savoia avvenuto a Monza il 29 Luglio del 1900, Dessanai fu condannato ad un mese di prigione per aver scritto a matita su un tavolo di taverna una composizione satireggiante e anarcoide sull’argomento. Le più rimarchevoli prove nuoresi (Sa morte de Pettenaju, A unu signoriccu divertiu, Siccagna, Sos campanones de Santa Maria, In s’abba, Torrau, Nue, Cherrende) appaiono in larghissima parte caratterizzate da un atteggiamento ideologico che può certamente essere definito di denuncia sociale e di realismo tragico e sociale (Giancarlo Porcu). Esse hanno avuto diffusione per via orale o manoscritta “non ufficiale” per decenni. Gonario Pinna, che per molto tempo cercò e raccolse materiali dei poeti nuoresi che scrissero dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi anni ottanta del Novecento, pubblicò nella sua Antologia dei poeti dialettali nuoresi per la prima volta “ufficialmente” anche le più conosciute e apprezzate poesie di Dessanai. Il nuorese giurista e cultore di poesia sarda, peraltro, accomuna Pasquale Dessanai ai poeti Salvatore Rubeddu e Giovanni Antonio Murru. Essi, sostiene Pinna, formano “un complesso unitario nel senso che le loro poesie nascevano da un unico contesto sociale, erano dettate da una critica della società nuorese nella quale essi vivevano e operavano ed erano volte con intendimenti polemici e satirici a trasformarla nell’interesse del popolo”. 

Giovanni Graziano Manca

 

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