Sulla linea effimera dell’universo femminile
“Sulla linea effimera”, plaquette lirica dal titolo impegnativo, incontriamo due autori e due voci, diverse e complementari come quelle del tempiese Francesco Pasella e della sassarese Luisella Pisottu, che innalzano un canto alla femminilità violata. Un sofferto amore-dolore li accomuna nella scrittura lirica, di alta e profonda sensibilità, per sondare il femminile della Madre-Donna e Madre-Terra. Dunque, tra pensiero e attualità nel vissuto, una poesia di terapia-analisi per riflettere sulla linea effimera e senso esistenziale del ciclo di sentimenti che alimentano il complessivo e complesso tema della femminilità.
Una miscellanea di emozioni e visioni nutrono l’universo femminile, considerato nella sua interezza di bellezza e amore, e a cui sono state inferte delle profonde ed irreparabili “ferite”. Ma ecco Madri salvifiche, sempre capaci di esercitare la naturale maternità verso l’uomo-figlio, anche se responsabile di eccessi, sensi di colpa e possesso maschilista della Natura da “matricidi della nostra essenza,/ del nostro stesso esistere”. Dunque, composizioni per l’anima e per ritrovare il concetto di bellezza del creato con un approccio eticamente responsabile. Un monito al delirio di onnipotenza dell’uomo contemporaneo, votato a un assurdo dominio e al disconoscimento della Madre-Terra e Madre-Donna che lo ha generato
L’opera, rappresenta un lavoro di scoperta dei profondi aspetti dell’animo umano, e con i suoi versi evidenzia la necessità-centralità di ricercare e creare armonia con la Terra e la Natura; entrambe espressioni femminili con cui l’uomo deve costantemente rapportarsi al pari delle donne che quotidianamente vengono offese, calpestate e abusate. Un modo per riflettere su responsabilità sia individuali che collettive e concepire un nuovo sistema di valori per evocare l’atavico senso di genitrice e donna.
Dai versi, spesso ermetici, affiora evidente anche una marcata elaborazione e metabolizzazione del lutto per la perdita, vissuta in tempi recenti, delle rispettive madri dei due poeti; l’assenza viene “esorcizzata” da Francesco con il ricordo del dolore “sulla linea effimera/ che ogni tanto crediamo immortale” o con i significativi ed espliciti versi di Luisella, che scrive “La sento e le parlo nell’oltre./ La sua essenza è nel vero.”, quasi una esplicita accettazione cristiana della vita oltre. La morte non più concepita come tabù o tema proibito, ma trattata con il senso pieno del vivere per superare la paura ancestrale più radicata negli esseri umani.
La prefazione all’opera, la cui copertina riproduce l’olio su tela “Madri” di Natalia Fois, è curata da Katia Debora Melis.
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In occasione della Commemorazione dei Defunti, oltre alle composizioni di Pasella e Pisottu, si propone anche la libera trasposizione in limba della Meditazione “Se mi ami non piangere” di Padre Giacomo Perico. (*)
La composizione originale è pubblicata nella quarta di copertina del libretto dei canti “È più bello insieme” (Edizione 2017).
Il volume – in ricordo di don Andrea Bechere e del giovane Massimiliano Delogu – è stato curato dal Coro della Parrocchia San Gavino martire di Illorai.
Si mi cheres bene non prangas
Si tue aias connotu su misteriu infinidu de sos Chelos
ue como vivo; si tue aias potidu ‘ider e intendhere
su chi deo ‘ido e intendho
in custos orizontes chentza fine
e in custu lugore chi totu ‘estit e carpit,
tue non tias prangher si m’as amore.
Inoghe si est conchistados
dae s’incantu ‘e Deus e dae sos lampizos suos
de illacanada bellura.
Sos apentos de una ‘orta e de su vivere
sunt chilivridas fuiditas, a cunfrontu!
Pro te, apo remonidu unu sentidu de afetu fungudu;
una ternura carosa chi mai aia proadu e connotu prima.
Como, s’amore chi mi allatzat a tie
est cuntentesa innida chentza irmurinada.
Pestantu deo vivo
in s’assussegu e isetu esartadu,
tue pessami ditzosu!
In sas tuas cuntierras,
in sos momentos
de isconnortu e de istracùmene,
pessa a custa domo meravizosa,
ue no est mere sa morte,
ue nos amus a catzare su sidi umpare
a sas venas mannantiales
de s’amore e de sa felitzidade.
Non prangas prus
si deabberu m’as amore! (C.P.)
(*) Padre Giacomo Perico (Ranica, 1911 – Gallarate, 2000). Sacerdote gesuita, specializzato in problemi di bioetica e nelle tematiche della vita familiare e sociale. Fondatore di riviste e autore di numerosi volumi sulla teologia morale.
Francesco Pasella
Sulla linea effimera
Un giorno in questa stanza non ci sarò più io;
come nella stanza affianco non c'è più mia madre;
ma per stanotte sono ancora un animale caldo,
che si nutre di abitudini e sorrisi;
e pensa al domani per cibarsi di altra vita;
per osservare una radiosa ragazza stendere
un bucato gentile e garbato;
sono e sarò un animale pronto a lottare,
leggere, salutare; vedere occhi illuminati,
prendere decisioni in un momento,
vivere il tempo nelle sue congiunture
immutabili; soffrire e gioire,
sulla linea effimera,
che ogni tanto crediamo immortale.
Matricidi
Siamo, in fondo,
orfani della terra,
matricidi della nostra essenza,
del nostro stesso esistere;
navighiamo tra reti di disperazione,
scialbamente alla “moda”,
nelle finte tribù del nostro insistere;
appiattiti su tavolette digitali,
illusi, forse fusi, col vezzo del progresso;
teorizziamo teorie, mondi antichi da percorrere,
dandoci arie da sofferti conquistatori,
ma non vogliamo chinare la schiena
sul gelo/candido della neve,
sulla pioggia del mattino;
non sapremmo curvarci,
affrontarci,
non sappiamo/vogliamo,
in fondo, farlo.
L'altra estate
L'altra estate,
è un cimitero d'agosto,
tra l'incuria e l'ostinata passione;
tra i pochi fiori che sorridono
e i molti petali che soffrono;
qualche erbaccia da strappare,
e una madre impietrita
come una corposa statua di sale
sull'ultimo letto del figlio;
e le vite bruciate a redimersi,
del proprio pesante passato.
A volte lese
Non credevo,
in un venerdì di gennaio,
di dover assistere alla composizione
delle tue ultime mortali parole,
ritirare la foto che ci ritraeva insieme,
incidere sul marmo il sangue del ricordo.
E poi,
poco dopo,
navigare su un tetto di nuvole,
salire su una scala ramponata
a osservare le tegole,
a volte lese,
che provano,
fiammanti o consunte,
a proteggere le nostre misere
e splendide esistenze,
calde di focolari,
di comignoli fumanti,
vive di vita,
vere.
La mistica ribelle
La mistica ribelle
contempla l'obbedienza,
il rintocco della campana
durante una pioggia sola e incessante,
appena placata dall'eremo in tempesta...
La mistica ribelle
ha un residuo,
uno spigolo duro di fuoco,
una malarica purezza
che avversa il palcoscenico,
appena mitigata dal coro candido/artefatto...
La mistica ribelle sa,
che l'angelico teatro è serrato
dalle catene che ascoltano ogni passo,
custodito da lacchè senza forma e sostanza.
La mistica ribella è madre,
insiste sul marito assente;
stivaletti da cantautrice stanca*,
soffre, la sua stessa canzone,
la sua tribolazione.
La mistica ribelle,
rigenera gli sbagli
nell'orto della contemplazione;
il fiele di Pesaro errabondo,
pelle malsana sul volto emaciato,
solcato da valli, rifugi dannati,
compenetrato in balsami
di zenzero e mandorle,
salvifiche erbe di purezza.
*Titolo di una sua canzone (A. di Pesaro).
Luisa Pisottu
Un tratto di anima ancorato tra quarzi rosa
un'idea di armonia
che il canto solo salva.
Dove si è perso - nella corsa
il baccello della purezza?
Questo eterno ritorno
ci inabissa, ci celebra
sul tappeto delle attese incompiute.
Che cosa ancora ci nutre?
a Natalia Fois
Di mia madre non ho detto,
sarebbe come aprire
il cielo dentro
dire di Estia
presenza dissimulata
nelle mie fughe dal mondo
il mio tempo fra i palmi
gli occhi senza specchi.
La sento e le parlo nell’oltre.
La sua essenza è nel vero.
Ho creduto ti avrei vissuta per sempre
nella tua forza da fanciulla,
nel tessuto dei giorni a venire.
Nei colori dell'alba
la ghiandaia mi tiene compagnia,
i suoi piccoli come noi bambini
nella casa immaginaria dell'infanzia.
Nei pomeriggi d’inverno
gli storni s'inebriano di volo
illuminati dal sole,
sono carte da gioco lanciate per aria
fioriture di nero in cielo.
Scelgo con cura ogni presenza,
è ancora Bellezza.
Ti cerco nell'approdo del vento
e in albe come questa
mi acquieto e ti sento.
a Luisa Muraro
La solitudine
è illusione, passeggero
temporale di polvere.
Tra le dita ho parole di sorelle
ne riconosco il peso
la grana sottile, lo scorrere setoso
ne riconosco il passo.
Tra i colori accendo fiaccole.
Chi può, vede.
Attraversare di impeto la barriera
in baluginio di scogli.
Scintille di vento
sulla superficie del mare
branchie le nostre mani
pinne i piedi.
Nel respiro non più trattenuto
vortici d’acqua.
Il corpo ora è tela luminosa
in poltiglia di colori,
follia giocosa e rigenerante.
Rinascita
Siamo nate ieri tra onde spumose,
morbide colline di fieno
sulla cima, sotto il canto della luna
la casupola
il paese arroccato,
il falco vigile ad assecondare correnti,
le greggi assonnate, lontani bagliori.
Dalle spirali sponde dell'Assoluto
tracciamo ponti
sospese e deste
fra le apparenti storture del mondo.
Note biografiche
Francesco Pasella è nato a Tempio Pausania nel 1977. Laureato in scienze politiche. Nel luglio del 2007, ha pubblicato il suo primo libro di poesia “Il porto degli sconfitti”. Nel novembre del 2013, ha pubblicato il suo secondo libro di poesia “Il sole del Baltico”; e nel 2016 l'ebook “Sguardi incompiuti”, primo numero della collana di poesia Zaum, in coppia con l'autore Jean Òre.
Luisella Pisottu è nata nel 1967 a Sassari. È autrice delle seguenti raccolte poetiche: “In vortice obliquo (2007)”; “Tra spirito e respiro (2010)”; “Graffiti (2010)”; “Il giorno fiorisce sull’acqua (2014)” e “Oltre il sipario a compiersi (2017)”.