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“L'ISOLA IN CUCINA” di Roberto Loddi de Santu ‘Engiu Murriabi – Ricette Aprile 2019

 Panada de angioni cun  canciofa e isparau aresti a sa sarda

Tra i piatti importanti che fanno parte della tradizione gastronomica della Sardegna, trova un posto di rilievo sa panada (torta salata ripiena). Nell’Isola ci sono diversi tipi di -  panada -, quella di Assemini in provincia di Cagliari, ma sono diversi i paesi che si contendono la paternità. Oltre ad Assemini, Cuglieri nel centro del Montiferru in provincia di Oristano, Oschiri  e Berchidda in provincia di Olbia - Tempio e Pattada in provincia di Sassari.

Tutte le versioni  sono  delle squisite opere d’arte. Infatti,  - sa panada - è una  torta o focaccia ripiena salata, formata da una pasta - violada - semplice che in sardo viene anche chiamata - croxiu - crosta, preparata con semola di grano duro fine, strutto, acqua e sale. Lo scrigno di pasta racchiude all’interno ingredienti che variano dalla carne d’agnello a quella di maiale o alle anguille, le verdure sono i piselli, pomodori secchi, cipolle, patate, carciofi, asparagi, zucchine e altro ancora che variano in base al ripieno e alla stagione. Qualunque sia il paese, qualunque sia il ripieno, qualunque sia la festa, sa panada  risulta essere sublime, fragrante e squisita. La bontà  - de sa panada - non si discute, anche se nel periodo dell’occupazione spagnola (1479) in Sardegna, gli Iberici cercarono di modificare la preparazione, i formati e il ripieno, ma questo stravolgimento  non trovò consensi nell’Isola, tant’è che - sa panada - ovvero - sa panada antiga - focaccia antica, riprese il sopravvento, eliminando tutti quegli ingredienti che gli spagnoli tentarono di introdurre. Da allora - sa panada - venne riproposta con l’originale ricetta, anzi  migliorata nel sigillare i bordi dello scrigno - sa cosidura - la cucitura; ecco perché veniva proposta nei menu delle feste e anche donata in  segno d’amicizia alle persone di una certa importanza. Comunque siano le cose, ad Assemini quando si parla di - panada - si intende quella ripiena con anguille e patate, forse, ingrediente obbligato, dato che la città è vicina allo stagno di Santa Gilla, popolato da tante anguille. - Sa panada - era già presente nell’era nuragica e nonostante le contaminazioni apportate nelle varie invasioni subite è giunta fino ai giorni attuali, praticamente simile ad allora. Nata come pasto da asporto, i pastori se la portavano dentro alle bisaccie - betuas - betullas - quando si trasferivano al seguito delle greggi per parecchio tempo, in quanto la focaccia poteva essere consumata per il soddisfacimento dei proprî bisogni, anche dopo diversi giorni. In qualunque modo, - sa panada - rimane un piatto  tradizionale, dove le tecniche di lavorazione sono rimaste pressoché immutate nel tempo, rimanendo al riparo degli attacchi degli invasori e della gastronomia moderna. A valorizzare e tutelare ulteriormente questo prodotto, ogni anno vengono dedicate feste e sagre. Il tutto a vantaggio del buon cibo isolano.

Ingredientis:

g 700 di semola di grano duro sardo macinata fine, g 150 di strutto suino, sale e acqua q.b., kg 1 di spalla d’agnello disossata e sgrassata, 1 cipolla di - sa Zeppara - località della Marmilla, g 250 di carciofi già puliti, g 200 di asparagi selvatici, g 150 di favette tenere già mondate, g 150 di pisellini teneri già sgranati, 6 pomodori secchi  ben dissalati, 2 spicchi d’aglio, vino bianco secco, un mazzetto di prezzemolo, un ciuffo di timo sardo - armidda -, brodo, olio extravergine d’oliva, strutto e farina per lo stampo, sale e pepe di mulinello q.b.

Approntadura:

prepara - sa panada de angioni cun canciofa e isparau aresti a sa sarda - torta salata di agnello con carciofi e asparagi selvatici alla sarda nel seguente modo: per prima cosa, appronta la pasta - violada o violata - antico tipo di pasta utilizzata in Sardegna per la preparazione di tante ricette che necessitano di un guscio, disponendo la farina setacciata a fontana sul ripiano della madia e al centro tuffaci mezzo cucchiaino di sale fine e tanta acqua appena tiepida che si riveli necessaria per ottenere un impasto liscio e malleabile. Fatto, incorpora lo strutto che hai in dotazione - ozzu porchinu - oggiu prohinu o ozzu polhinu -, in diverse zone utilizzano l’olio extravergine d’oliva - ozzu gremanu - ermanu - armanu - e lavora il composto fino a ottenere una pasta friabile, che coprirai con un panno da cucina infarinato e lascerai riposare per almeno un ora in frigorifero. Nel mentre, riduci la polpa d’agnello a piccoli bocconi e falli rosolare in un giro d’olio con l’aglio schiacciato, assieme ad un battuto fatto con i pomodori secchi, la cipolla e una spruzzata di vino. Evaporato, aggiungi i carciofi tagliati a spicchi, le favette, i pisellini, gli asparagi mondati e tagliati a pezzetti e mescola bene il tutto. Aggiusta il sapore di sale, impreziosiscilo con  una macinata di pepe e prosegui la cottura per un quarto d’ora circa, bagnando la preparazione con poco brodo vegetale bollente, qualora tendesse ad asciugarsi troppo. Intanto che il ripieno si insaporisce, stendi la pasta in due dischi, dei quali uno più grande, con quest’ultimo fodera una tortiera a cerniera di 24 centimetri di diametro, dai bordi leggermente più alti di quelle che usi abitualmente, ben unta e infarinata. Terminata questa operazione, versa al centro il composto di carne e verdure, allargalo uniformemente, cospargilo con il prezzemolo e il timo  tritati, poi applica al centro dell’altro disco un foro di un paio di centimetri di diametro, quindi copri - sa panada - e con i bordi in eccedenza della sfoglia più grande, forma la cucitura - sa cosidura - tutt’intorno, componendo così un cordoncino allegorico. Arrivati a questo punto,  con i ritagli di pasta avanzati, prepara una striscia di dodici centimetri alta tre e forma un cilindro che andrai a posizionare sul foro precedentemente fatto in superficie, a  piacere sempre con i ritagli di pasta puoi modellare dei disegni di tua fantasia, da applicare sulla superficie della focaccia. Appena hai terminato le decorazioni, passala in forno già caldo a 150° per un abbondante ora. Servi - sa panada - calda, anche se in tante famiglia la consumano pure a temperatura ambiente.

Vino consigliato: Nuragus di Cagliari frizzante, dal sapore sapido, armonico, leggermente acidulo, gradevole e  asciutto.

 

***

Pirichittos de isposus

 Is pirichittus o pirichittos - (periquillo), sono dolci di origine spagnola di forma sferica a base di farina, uova e zucchero, che in Spagna vengono ancora preparati nel periodo di Carnevale. Ma si parla di - pirichittus - che nel - dizionariu Sardu Italianu compilau de su Sacerdotu Benefiziau Vissentu Porru - segunda edizioni - Casteddu 1866, l’autore scrive: “Pirichittus s. m. pl. spezia de dulcis fattus de pasta, ous e zuccheru, it. Zuccherini”. Mia mamma da ragazza, - is pirichittus già li conosceva, in quanto ebbe un’esperienza di lavoro in una nota pasticceria del 900 e, come dice sempre lei, “le ricette per tenerle a mente bisogna copiarle con gli occhi”, in quanto non era permesso chiedere le dosi ai titolari, perché erano tenute segrete. Negli anni quaranta, quando da Ingurtosu si trasferì a San Gavino Monreale e a suo dire, insegnò ai parenti  e agli amici la preparazione. Ma come succede spesso con il passa parola e, con il trascorrere del tempo è da immaginare quante persone abbiano imparato a cucinarli. Per stare in tema di bravura, nonostante l’età, ad un pranzo per gli anziani di qualche tempo  fa, a fine pasto dopo aver degustato gli speciali - pirichittus -preparati da mia mamma, ricevette un diploma di merito “ad honorem” come miglior maestra pasticcera del paese. La stessa ricetta l’ho preparata personalmente nel 2006 all’interno del  foyer del teatro di San Gavino Monreale (Cagliari) in occasione della sedicesima mostra dello zafferano. Ho arricchito - is pirichittus - con un’idea di questa preziosa spezia e la trovata ha suscitato consensi favorevoli tra il numeroso pubblico presente. Oggi San Gavino grazie allo zafferano è ritenuta città dell’oro rosso ed è Capitale d’Italia dello zafferano. Questi deliziosi dolci si preparano in occasione delle festività, di matrimoni, battesimi, comunioni, cresime. ma anche come dolci da offrire a parenti e amici insieme a una tazzina di caffè. Ci sono anche altri tipi di -  pirichittus e sono - is pirichittus de bentu o pirichittus de cappa - piccoli scrigni dorati e leggeri come un alito di vento, che si differenziano dagli altri perché sono più grandi e vuoti all’interno, avvolti in una glassa cappa bianchissima di zucchero. Vengono preparati in tutta la Sardegna, in particolare sono tipici del Medio Campidano e a San Giovanni - Santu Anni - di Quartu Sant’Elena in provincia di Cagliari, che nel mese di luglio di ogni anno dedica una sagra a questo speciale dolce, il quale viene offerto ai partecipanti in occasione della processione dedicata a San Giovanni Battista, festa che si svolge da oltre quattrocento anni. In fine, una simpatica curiosità: il primo  maggio di ogni anno, alla festa di Sant’Efisio (la prima edizione fu nel 1657) a Cagliari, all’interno della quale è  facile scontrasi con nuvole di - pistoccheddus e pirichittus -, lanciati in occasione dell’evento contro i visitatori all’insegna della dolcezza e del divertimento. Questo è lo stesso gesto che avveniva alla fine  dei banchetti medievali, infatti le libagioni terminavano con il rituale del lancio di cristalli di zucchero tra gli invitati, questo per dimostrare tutto lo sfarzo e le ricchezze possedute dal padrone di casa. Oggi - is pirichittus -, da una vecchia idea di mia mamma, vengono serviti in abbinamento a delle scorzette d’arancia e di limone canditi…. Inutile dire che libidine, molto, ma molto di più.

Ingredientis:

g 600 di fior di farina, 6 uova, 6 cucchiai di zucchero comune, g 90 di strutto suino o 6 cucchiaiate di olio extravergine d’oliva, la scorza grattugiata di un limone giallo non trattato, 1 cucchiaino di polvere di scorze d’agrumi essiccate, g 150 di latte fresco intero, un cucchiaino di bicarbonato o di lievito in polvere per dolci, una cucchiaiata di acqua ai fiori d’arancio, olio per friggere, per lo sciroppo: g 400 di zucchero al velo, liquore tipo villacidro, succo di limone non trattato, sale q.b.

Approntadura:

setaccia la farina un paio di volte sulla spianatoia, poi forma un cratere e al centro tuffaci una presa di sale, le uova sgusciate, lo zucchero, l’olio o lo strutto, la scorza del limone, la polvere di scorze, il bicarbonato o il lievito, e impasta tutti gli ingredienti, aggiungendo poco latte tiepido fino a quando otterrai un composto privo di grumi e malleabile, che lascerai riposare coperto per dieci minuti. Nel mentre, poni lo zucchero al velo dentro a una larga casseruola insieme a mezzo bicchierino di liquore  villacidro, l’acqua ai fiori d’arancio, il succo del limone che hai grattugiato in precedenza e filtrato, mescola accuratamente il composto e tienilo da parte. Fatto, rimaneggia la pasta, preleva dei pezzi e forma sul piano di lavoro infarinato dei cilindri grossi quanto un pollice, poi tagliali a pezzi di circa cinque centimetri, quindi sfrangiali ai lati con un paio di forbici e prosegui in questo modo fino al termine della pasta. Terminata questa operazione, friggi pochi alla volta - is pirichittus - in abbondante olio bollente (se desideri un dolce più leggero, in alternativa puoi cuocerli in forno) e man mano che risulteranno di un bel colore dorato, scolali su dei fogli di carta assorbente da cucina a perdere l’unto in eccesso. Una volta fritti tutti e raffreddati, metti il recipiente con gli ingredienti per lo sciroppo sul fuoco, appena sciolti, tuffaci - is pirichistus - (pochi alla volta) e sempre girando, muovili delicatamente in modo che si impregnino omogeneamente della glassa. Quando vedrai che sul fondo del tegame si formeranno  delle bolle piuttosto rade, allontana il recipiente dal fuoco e sempre mescolando fai asciugare lo sciroppo rimasto. Solo allora, rovescia - is pirichittus - in una teglia e subito dopo inizia a scuoterla delicatamente, facendo saltare i dolci in modo che si separino l’uno dall’altro e lo zucchero eccedente si stacchi. Arrivati a questo punto, accomodali su di una gratella ad asciugare, finché lo zucchero sarà diventata di un bel colore bianco candido.

Vino consigliato: Malvasia di Cagliari dolce, dal sapore alcolico con retrogusto di mandorle tostate.

 

 

 

 

 

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