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Rapporto Migrantes e “Il Messaggero Sardo”

 Il volume del 2019 del “Rapporto Italiani nel mondo”, edito dalla Fondazione Migrantes, presentato a Roma a fine ottobre, contiene un lungo e stimolante saggio sui cinquant’anni del Messaggero Sardo. Lo ha pubblicato la storica Marisa Fois, dell’Università di Ginevra. In particolare Marisa Fois evidenzia “come il Messaggero abbia fornito uno spaccato dell’emigrazione isolana e di come questa si sia confrontata con i luoghi di arrivo, spesso trasformandoli e trasformandosi, altre volte venendo assorbita da una diversa quotidianità, altre ancora alienandosi e rifugiandosi nel gruppo regionale”.

Marisa Fois ha 38 anni, è originaria di Busachi (Oristano). Si è laureata a Cagliari in Relazioni internazionali. Dopo un dottorato in Storia dell’Africa, sempre all’Università di Cagliari, e alcuni periodi di studio e ricerca in Francia, a Parigi e a Aix-en-Provence, si è trasferita a Ginevra nel 2015. Lavora all’Università, e si occupa di storia del Nord Africa, di minoranze, postcolonialismo  migrazioni. Da alcuni anni è redattrice del “Rapporto Italiani nel mondo” (RIM). 

 

Il Rapporto del 2019 è incentrato su come venissero percepiti gli emigrati italiani nei luoghi di arrivo. La stessa prospettiva è alla base del saggio che Marisa Fois ha dedicato al Messaggero sardo.

“Da sarda, ma anche e soprattutto da storica, non posso che apprezzare le storie e le pagine del Messaggero, che davvero ci offrono la possibilità di leggere, ripercorrere e ricostruire gli ultimi cinquant’anni di storia isolana (e non solo)”.

“Cinquant'anni fa, nel maggio del 1969, - ricorda Marisa Fois – venne pubblicato il primo numero del “Il Messaggero Sardo”. Il mensile fu fondato in un periodo chiave della storia emigratoria sarda. Infatti tra il 1951 e il 1971, sfiorando le 461.00 unità, le partenze raggiunsero uno dei maggiori picchi.

La Sardegna, tra le prime regioni a interessarsi alle proprie comunità emigrate. Dal 1974 fino al 2010 la realizzazione, la stampa e l'invio del giornale furono garantite dalla Cooperativa Messaggero Sardo, con sede a Cagliari, con una tiratura che sfiorava le 75.000 copie mensili. Recentemente, dal 2015, ad occuparsi della diffusione del periodico ribattezzato «Il Messaggero giornale dei sardi del mondo online» è l'Associazione Culturale Messaggero Sardo, costituita dai soci della Cooperativa, che dopo quaranta anni ha cessato l'attività .

Come raccontato da Gianni De Candia, giornalista e presidente della Cooperativa,(“Sardegna: la grande diaspora. Memorie e ricordi nei 40 anni della Cooperativa Messaggero Sardo 1974-2014, Carlo Delfino Editore), per decenni il periodico ha dato voce alle comunità all'estero. Nonostante il contributo offerto «con le loro fatiche quotidiane ma anche con il loro spirito imprenditoriale allo sviluppo del loro nuovo paese», queste comunità venivano ricordate «raramente per le loro conquiste e i loro successi. Quasi mai per documentarne i problemi di inserimento, le difficoltà di integrazione»

Il giornale – sottolinea il Rapporto - ha tentato di colmare questa lacuna, ridando centralità alla migrazione. Infatti, sfogliando le pagine del ricco archivio digitalizzato, che conserva la totalità dei numeri a partire dalla prima edizione di cinquant'anni fa, ci si trova davanti a una sorprendente varietà di storie e racconti, di percorsi migratori individuali e collettivi, di servizi e interviste capaci di offrire uno spaccato dell'emigrazione isolana e di come questa si sia confrontata con i luoghi di arrivo, spesso trasformandoli e trasformandosi, altre volte venendo assorbita da una diversa quotidianità, altre ancora alienandosi e rifugiandosi nel gruppo regionale. Sicuramente «Il Messaggero Sardo» - ha scritto Fois - rappresenta un utile strumento per leggere in prospettiva storica anche come la percezione della migrazione nei luoghi di arrivo si sia modificata nel corso degli anni”.

Ad accomunare i racconti, vi sono la nostalgia e il desiderio di tornare a vivere in Sardegna, quest'ultima spesso direttamente proporzionale all'instabilità economica.

Le storie narrate nelle pagine del Messaggero – conclude il saggio di Marisa Fois - ben sintetizzano l'ambivalenza dell'emigrazione e del sentirsi migrante, l'alternarsi di successi e sconfitte, il confine tra l'inclusione e la percezione di essere quasi un corpo estraneo.

Una recente lettera dal Belgio, pubblicata online dimostra e conferma la gratitudine del pubblico dei lettori: «Caro Messaggero, pensandoci bene sinceramente dico per noi che emigrati degli anni ’50, abbiamo vissuto anni nel buio, senza che ci fosse nessun giornale o nessuna notizia che giungesse dalla nostra regione Sardegna, tu per noi tutti sei stato la prima cosa bella, perché ogni volta che arrivavi nelle nostre case si aveva la frenesia di leggerti. Ci davi l'impressione di respirare l'aria di casa nostra. Attraverso le tue pagine non solo ci hai aiutato a non dimenticare la nostra lingua italiana e regionale, ma ci hai permesso di dare voce alle nostre aspirazioni sensibilizzando la Regione Sardegna affinché non dimenticasse che oltre il mare e oltre frontiera c'era un'altra autentica Sardegna[ ... ]. Con affetto»

Il saggio di Marisa Fois si conclude ricordando il commento fatto nel 1969, anno della nascita del Messaggero, da un emigrato di Lione, “talmente lucido e attuale – osserva la storica - che potrebbe essere stato pronunciato nel luglio del 2019 e non nello stesso mese di cinquanta anni fa: «Con la povertà della Sardegna, con la sua insularità neppure fra un secolo ci sarà lavoro per tanti disoccupati. Nessuno crede all'Europa, questo è il fondamentale difetto dei sardi. Ci credano, si battano per l'Europa unita ed allora Carbonia o Cagliari, Oristano o Lione o Grenoble saranno la stessa cosa». Senza voler polemizzare ma con l'obiettivo di andare oltre le singole parole, il messaggio è chiaro: abbattendo le frontiere ogni posto è casa”.

 

 

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