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Ricordo di Bruno Rombi, amico degli emigrati sardi

 Bruno Rombi è morto il 27 aprile scorso all’età di 89 anni, a Genova, dove viveva dal 1962; era nato nel 1931 a Calasetta, nell’isola di Sant’Antioco dell’arcipelago del Sulcis, “enclave” linguistica tabarchina (variante della “lingua” ligure).

È stato poeta, scrittore, giornalista, traduttore, pittore, legato alla Sardegna e al suo paese natale (dove ritornava ogni estate), intellettuale sempre schierato a fianco dei Circoli degli emigrati sardi nell’Italia continentale.

Ho conosciuto Bruno a Pavia nel novembre 1986 proprio in qualità di delegato del Circolo “Sarda Tellus” di Genova al quarto Congresso della Lega Sarda.

 

Davanti ai rappresentanti di 25 Circoli di emigrati isolani (tante erano allora le associazioni sarde nell’Italia continentale che facevano parte della “Lega”) pronunciò un discorso di alto livello sottolineando comunque autoironicamente il fatto che non era interessato a cariche dirigenziali, ma che non intendeva rinunciare alla sua fama di “rombiscatole”. (Ho potuto rileggere il suo intervento perché in queste ultime settimane ho completato la trascrizione al computer di questi atti congressuali, che spero possano essere pubblicati in un volume a stampa).

Rombi non aveva peli sulla lingua e non nascondeva verità scomode: mi regalò una copia del suo pamphlet di qualche anno prima “Perché i sardi sono così divisi: testo della conferenza tenuta a Genova presso la ‘Sarda Tellus’, associazione democratica lavoratori emigrati, domenica 17 ottobre 1982” (Genova, Lanterna, pp. 28, 1983).

Lascio ad altri il compito di ricordare Rombi per le sue opere letterarie (narrazioni, studi critici e soprattutto poesie, tradotte in francese, inglese – diffuse in questa versione anche in India – , spagnolo, polacco, maltese, rumeno, macedone, greco, sloveno, catalano, corso, portoghese, urdu, arabo e albanese, oltre che in latino: l’elenco lo ha stilato Giovanni Mameli sul “Messaggero Sardo”) e per la sua intensa attività di pittore.

In questo contributo voglio soffermarmi sugli apporti culturali con i quali questo uomo di grande sensibilità, anche se indubbiamente “spigoloso”, ha arricchito l’attività delle associazioni degli emigrati sardi, collocandosi sempre accanto ai fratelli-corregionali de “su disterru” e facendo proprie le loro istanze e rivendicazioni anche materiali.

Seguendo i suoi scritti e gli articoli che lo riguardano apparsi dal 1976 al 2010 nelle pagine del mensile “Il Messaggero Sardo” cartaceo, vediamo che compare alla ribalta innanzitutto come poeta e poi come appassionato degli studi sulla lingua sarda (lui, di “madre-lingua” tabarchina, era ultrasensibile alle questioni delle minoranze linguistiche), sul matriarcato in Sardegna, su nomi e cognomi della Sardegna, su emigrazione e razzismo (questi articoli sono legati a conferenze sui vari temi organizzati dal “suo” Circolo, il “Sarda Tellus” di Genova).

Manlio Brigaglia recensisce il suo libro su “Sebastiano Satta. Vita e opere” (Genova, marzo 1983) mentre Giovanni Mameli passa in rassegna scrupolosa le successive opere di Rombi: “Un anno a Calasetta” (prima edizione Genova, 1988; poi Sassari, Carlo Delfino, 2006); le raccolte di poesie “Un amore” (1992) e “Il battello fantasma” (2001); il secondo romanzo di Rombi (il primo era stato “Una donna di carbone”, Condaghes 2004) intitolato “Un oscuro amore” (Condaghes, 2009).

Un bilancio della sua produzione poetica, dal 1965 (data della sua prima raccolta, pochi anni dopo il suo trasferimento a Genova) al 2012 è stata edita nel volume “Il viaggio della vita” (editore Le Mani di Recco, 2012, 330 pagine).

Molte opere di poesia e di prosa (comprese le ultime narrazioni: il romanzo “Il labirinto del G8” e il racconto “L’ultima vestizione”, rispettivamente Condaghes 2011 e 2018) sono state presentate nella “Sarda Tellus” ma anche in altre associazioni di sardi emigrati, dove è stato spesso chiamato a illustrare i risultati dei suoi studi critici sui Grandi della letteratura sarda: tra gli altri, Sebastiano Satta, Grazia Deledda, Salvatore Cambosu, Salvatore Satta, Giuseppe Dessì, Francesco Masala, Antonio Puddu, Angelo Mundula.

Personalmente lo portai nei Circoli sardi di Pavia e di Saronno a parlare di Sebastiano Satta, in occasione della ripubblicazione (presso Condaghes) della sua monografia sul poeta-vate nuorese, uscita in prima edizione, come si è detto, nel 1983.

Ecco il link a un articolo apparso su questo sito per l’iniziativa di Pavia:

 

http://www.ilmessaggerosardo2.com/index.php?option=com_content&view=article&id=2305:pavia-7-dicembre-%E2%80%93-conferenza-su-sebastiano-satta&catid=640:in-italia&Itemid=126

 

Nota finale. Ho letto su questo sito il ricordo di Piero Canu, attuale presidente della “Sarda Tellus”, che ha illustrato i legami di Bruno con la cultura sardo-genovese. Personalmente vorrei aggiungere in questa occasione – richiamando un mio articolo in memoria apparso su questo sito – un breve cenno a una personalità culturale sardo-genovese, amica di Rombi e, come lui, dei sardi emigrati: Lina Aresu:

 

http://www.ilmessaggerosardo2.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3866:ricordo-della-scrittrice-lina&catid=689:attualita&Itemid=149

 

Le “vite parallele” di questi due scrittori sardo-genovesi e le loro numerose opere (più di 40 per ciascuno) meriteranno in futuro di essere commemorate in una giornata di studi da organizzarsi da parte della comunità dei sardi emigrati.

Qui mi limito a rammentare che nel marzo 2004 Rombi presentò, sempre alla “Sarda Tellus”, il romanzo storico di appendice “Ritedda di Barigau. Bozzetto ogliastrino” del maestro di Semestene (Sassari) Marcello Cossu, edito nel 1885 dalla Tipografia Sociale di Vacca-Mameli di Lanusei. Una bella amicizia tra loro due, che hanno condiviso con un chiavarese doc, il docente di materie letterarie Marcello Vaglio, e con il sottoscritto, sardo trapiantato in provincia di Pavia.

Paolo Pulina

 Nella foto di Martina Frongia. Da sin. Luciano Aru, Paolo Pulina, Bruno Rombi, Serafina Mascia

                         

 

 

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