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“L'ISOLA IN CUCINA” di Roberto Loddi de Santu ‘Engiu Murriabi - Ricette Luglio 2020

 Allada de pruppu o purpu a sa thatharesa

Il popolo sardo, amante del buon cibo e della natura che lo circonda, da sempre è legato alle tradizioni e alle usanze  che sono salde e ben radicate nella cultura isolana. La macchia  mediterranea è  un dono della natura che in  Sardegna viene apprezzato    come una vera e propria manna piovuta dal cielo. Distese di  mirto, di corbezzoli, di lentischio, di cisto, colorano  la terra come tanti tappeti, che si incastrano uno dentro all’altro tanto da creare un immenso quadro a ciel sereno. Ma, la vegetazione che ricopre l’isola è talmente estesa e varia che non  bastano  le pagine di un intero libro per poterla descrivere tutta. Lo stesso discorso vale per raccontare la gamma infinita che la campagna ogni giorno dell’anno regala agli appassionati ricercatori ed estimatori di “cose buone”.

 

Un esempio tra le tante risorse della natura sono sicuramente le lumache - sintzigorrus biuancus - sintzigorrus de Sant’Uanni - loccas - braballuccus, sintzellas – gioga minuda - mungettas - mongettas -  tappadeddas - nelle più svariate qualità, gli asparagi - sparaus -, i cardi - gureu aresti o de sattu -, i carciofini selvatici - cuguzzuas, i funghi - cordolinus e tante altre golosità che la tradizione pastorale e contadina ci tramanda da generazione in  generazione. Dalla terra al mare, dal quale si pesca un’infinità di pesci, dal più povero a quello più pregiato. Infatti la cucina sarda, condisce e sposa i sapori del mare con quelli che crescono spontaneamente in tutto il territorio (maggiorana, timo, mentuccia,  mirto, ginepro, rosmarino e via dicendo) e dal connubio di questi ingredienti nascono  piatti di prelibata fattura, sia di origine marina, sia di origine contadina. È anche vero però che la bontà di una preparazione dipende sempre dalla bravura di chi la realizza ma, è altrettanto  vero che la perfezione la si ottiene utilizzando ingredienti freschi e di prima qualità, come quelli che per l’appunto si trovano sull’Isola. Stando in tema di mare il popolo sardo, esalta un vasto assortimento di piatti preparati con il pescato fresco giornaliero.

Una dimostrazione può essere - s’allada de pruppu o purpu a sa thatharesa - agliata di polpo alla sassarese ma, in tutta l’isola le ricette abbondano e sono veramente tante e tutte quante di eccelsa squisitezza. Il polpo viene cucinato in molti modi, si possono realizzare delle invitanti insalate, o preparazioni con degli intingoli alquanto appetitosi e può essere gustato sia caldo che freddo. Un accorgimento semplice ma importane prevede che per la riuscita del piatto, occorre farlo riposare per qualche ora prima di provare il piacere del sapore. Ma per essere pignoli, sarebbe meglio prepararlo il giorno prima per poterlo assaporare in tutta la sua succulenza. L’agliata ha strette connessioni con la poltiglia del genovesato.

Aglio, noci, sale, venivano pestati nel mortaio e la salsa ottenuta, veniva utilizzata dai pescatori già nell’Ottocento, per insaporire le pietanze e anche per conservarle, in quanto all’epoca non esistevano i frigoriferi, al massimo  esistevano le neviere, ma quelle erano a disposizione solo di chi  viveva nelle regioni  fredde soggette a abbondanti  nevicate e a temperature molto  basse durante il periodo invernale. Altre antiche culture giunte nell’Isola in passato, hanno lasciato importanti tracce e tradizioni culinarie, come quelle dei catalani ad Alghero e all’inizio del Settecento i tabarchini pegliesi a Carloforte. Questo sicuramente anche per la posizione geografica della Sardegna che ha permesso ai grandi viaggiatori per mare di giungere in questa meravigliosa Isola: la Sardegna.

Ingredientis:

un bel polpo di scoglio carnoso di kg 1,5 circa, kg 1 di polpa di pomodori maturi ridotti a poltiglia, 6 spicchi d’aglio, 5 pomodori secchi, un mazzetto di timo, un mazzetto di prezzemolo, peperoncino rosso piccante, 2 foglie di alloro, aceto di ottimo vino  rosso, olio extravergine d’oliva, sale q.b.

Approntadura:

il giorno prima, priva il polpo delle interiora, degli occhi, del  becco  e della sabbia annidata nei pori dei tentacoli, poi sfibralo battendolo più volte con un batticarne, dopodiché lavalo accuratamente in acqua corrente fredda. Fatto, poni sul fuoco una capace marmitta di terracotta dalle pareti alte - olla -, quindi accomodaci il polpo e coprilo con abbondante acqua, aggiungi una manciata di sale grosso,  un peperoncino  spezzettato, l’alloro, il mazzetto di timo  legato con spago per alimenti, tre spicchi d’aglio in camicia schiacciato e porta ad ebollizione il tutto. Quando saranno trascorsi venticinque minuti, pungi il polpo nei pressi della bocca e se risulterà tenero, lascialo raffreddare dentro la pentola con il coperchio sigillato da un canovaccio da cucina. Non lasciarti attrarre dalla fantasia e dalle leggende metropolitane sul fatto che per cuocere perfettamente il polpo ci vuole un tappo di sughero, questo strattagemma era utilizzato in passato dagli ambulanti del sud Italia che vendevano il polpo dentro al calderone come cibo di strada. Infatti i turaccioli legati ai tentacoli, servivano solo perché stavano a galla e facilitavano così al povero polparo armato di forchettone il recupero dei polpi cotti (subito dopo tagliati a tranci e venduti), allo stesso tempo  gli evitavano di scottarsi le mani scolandoli. Una volta che il polpo si è raffreddato, scolalo, taglialo pezzi  regolari quanto un boccone e accomoda dentro a una capace terrina il ricavato. Terminata questa operazione, trita finemente i pomodori secchi  ben dissalati con il prezzemolo, un peperoncino e due spicchi d’aglio. Poni il battuto dentro a un largo tegame assieme a un generoso giro d’olio e lascia rosolare il soffritto per pochi minuti. Trascorso il tempo, bagnalo con  un paio di cucchiaiate di aceto, una volta sfumato aggiungi la poltiglia di pomodori e prosegui la cottura dolcemente per tre quarti d’ora, rimestando di tanto in tanto il condimento per evitare che si attacchi  sul  fondo. Arrivati a questo punto, regola il sapore con una presa di sale e impreziosiscilo se occorre con altro peperoncino, allorché allontana la preparazione dal fuoco e lasciala raffreddare completamente. Solo allora versa il sugo  dentro al recipiente del polpo, amalgama accuratamente il tutto, lascialo insaporire in frigorifero tutta la notte e, fino a un’ora prima di servirlo in tavola con fette di pane tipo - civraxiu - abbrustolite e strofinate con l’aglio rimasto.

Vino consigliato rosso giovane: Arborea Sangiovese, dal sapore asciutto, morbido, fresco e aromatico. 

 

 

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Allium cepa o chibùdda anaresa cun patatas in sa schiscionera

 

La cipolla (Allium Cepa – dal latino grande perla), nota fin dai tempi antichi, ha avuto nel passato uno straordinario successo per le sue virtù note ai medici e al popolo. La cipolla appartiene alla famiglia delle Liliacee (una specie bulbosa biennale o triennale). Ancora oggi si trovano varietà selvatiche sulle montagne dell'Afghanistan, del Turkestan e dell'Iran. La cipolla come l'aglio, il porro e altre specie affini, contiene un olio essenziale piccante acidulo che, grazie al suo contenuto in composti di zolfo, ha proprietà disinfettanti.

La cipolla è un ortaggio ricco di vitamine con un buon apporto nutritivo e si coltiva su terreni ben esposti  ricchi di fosforo e potassio. Dalla semina del bulbo al raccolto passano circa 120 giorni. Esistono diverse varietà di cipolle: quelle invernali che si consumano tra l'autunno e la  primavera, quelle estive, quelle piccole impiegate dalle aziende conserviere e quelle da semina. Ci sono poi cipolle di polpa rossa, violacea, bianca, tonde, dolci e di sapore forte. Comunque sia la qualità delle cipolle, prima della conservazione vanno fatte essiccare perfettamente, subito dopo vanno confezionate e successivamente messe in commercio.

La cipolla era considerata una pianta sacra in Egitto, Cina, Asia Orientale e Asia Minore. Si racconta che, nella costruzione della Piramide di Cheope furono pagati 1600 talenti d’argento per comperare aglio, cipolle e molto probabilmente anche ravanelli, da usarsi come alimento degli schiavi. Alcune fonti narrano che erano utilizzati anche come paga giornaliera. Secondo quanto narra Artemidoro di Daldi II secolo dopo Cristo, la cipolla come l'aglio erano ritenute piante profetiche e una consuetudine popolare narrava che se un malato avesse sognato di mangiare poche cipolle, il suo male sarebbe peggiorato drasticamente, mentre se avesse sognato di mangiarne in quantità insieme a spicchi d’aglio, sarebbe accaduto il contrario. Nell’antico Egitto,  ritenevano che per il suo aspetto tondeggiante, con i suoi strati circolari fossero l’emblema di vita eterna ed è stato documentato che canestri di cipolle venivano messi in dono ai morti nelle sepolture, in quanto si credeva che la potente fragranza emanata potesse restituire il respiro ai defunti. La cipolla, nell’antica Grecia venne introdotta in porzioni generose nella dieta degli atleti, in quanto era ritenuta un fluidificante del sangue, mentre i gladiatori romani l’usavano per massaggiare il corpo, per tonificare i  muscoli.

Marco Gavio  detto Apicio, nel suo trattato di cucina  “De re Coquinaria” riporta in tantissime ricette l’uso della cipolla. Nella cucina degli Etruschi, le massaie alternavano aglio e cipolla nella preparazione delle pietanze, perché questi due ingredienti davano il sapore primario ai cibi ed erano ritenuti importanti anche per motivi igienici, terapeutici, stimolanti ed afrodisiaci. Sempre a proposito della cipolla, pare che nel medioevo venisse impiegata come moneta per pagare la pigione o per fare dei presenti e nel 1493, Cristoforo Colombo nel suo  viaggio in America,  la fece conoscere al popolo haitiano. La cipolla risulta essere diuretica, depurativa, antiglicemica, inoltre fa bene alle vie respiratorie, nell'influenza, nelle riniti, nell'angina, nelle faringiti, polmoniti e bronchiti, grazie alla sua attività antibiotica. Un tempo i medici la consigliavano per lenire il mal di testa, per combattere la caduta dei capelli e per guarire i morsi dei serpenti. La cipolla è particolarmente utile nelle affezioni alla prostata, combatte l'ipertensione, la senescenza, l'arteriosclerosi e le affezioni all'apparato urinario. La cipolla è anche indicata contro le fermentazioni intestinali e facilita la digestione. Ha la straordinaria proprietà di diminuire il colesterolo, i trigliceridi e i lipidi presenti nel sangue, perciò per le sue benefiche proprietà sarebbe meglio consumarla (se tollerata) cruda. Ma questa preziosa bulbosa non finisce mai di stupirci, pensate che, lo zolfo estratto dalla cipolla è impiegato nella cosmesi per combattere la forfora, la seborrea e non solo,  migliora anche l'irrorazione sanguigna del cuoio capelluto. Molte altre sono le proprietà della cipolla, ad esempio, contro l’azione dei farmaci è utile bere, durante la giornata, l'acqua di cottura di due o tre cipolle affettate e fatte bollire in un litro d'acqua. Per combattere la tosse e le affezioni alle vie respiratorie  fate bollire un quarto di latte con due cipolle affettate e il decotto filtrato e mescolato a due cucchiai di miele sarà un toccasana. Provare per credere!

Ogni anno a Banari, nel mese di luglio viene dedicata una rassegna alle cipolle, con  manifestazioni di vario genere, balli e canti in lingua sarda, il tutto condito con degustazioni di piatti tipici della cucina banarese a base di cipolla e ottimo vino locale.

 

 

Ingredientis:

kg 1 di cipolle di Banari - chibudda anaresa -, kg 1 di patate di Gavoi, un mazzetto di prezzemolo, un ciuffo di timo, sardo - armidda -, 2 spicchi d’aglio, g 150 di guanciale sardo - grandua -, aceto di ottima qualità di vino rosso, brodo, olio extravergine d’oliva, sale e pepe di mulinello q.b.

Approntadura:

prima di tutto sbuccia le cipolle, affettale a tocchi, ponile a bagno in acqua fredda miscelata con mezzo bicchiere d’aceto per un quarto d’ora e subito dopo, scolale ed accomodale su un canovaccio da cucina ad asciugare. Nel mentre, pela le patate, tagliale a pezzi regolari e poni il ricavato dentro a una terrina contenente abbondante acqua fredda. Fatto, versa il guanciale ridotto a poltiglia dentro a un ampio tegame - schiscionera - insieme a un giro d’olio, quindi unisci le cipolle, le patate ben scolate ed asciugate, il prezzemolo e il timo tritati, l’aglio e lascia rosolare il tutto a fiamma vivace. Passati cinque minuti,  abbassa la fiamma e prosegui la cottura, girando con cautela gli ingredienti per evitare di spappolare le patate, fino a quando non risulteranno tenere ma non sfatte, qualora fosse necessario, aggiungi del brodo vegetale bollente, per evitare che il tutto si attacchi sul fondo. Arrivati a questo punto, regola il sapore di sale, impreziosiscilo con una generosa macinata di pepe e servi la preparazione immediatamente.

Vino consigliato: Nuragus di Cagliari fermo, dal sapore sapido, armonico, leggermente acidulo, gradevole e  asciutto.

 

 

 

 

 

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