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Poesie in Sardo

Su mundhu de sa poesia de Cristoforo Puddu – SANTANDRIA 2020

 Ottone Bacaredda, sindaco di Cagliari e letterato

Ottone Bacaredda  (Cagliari, 20 dicembre 1848 – Cagliari, 26 dicembre 1921) è stato il “mitico” sindaco e personaggio da “leggenda” che, a cavallo tra due secoli, ha governato più a lungo la Città di Cagliari.

E proprio con il sostegno dell’amministrazione comunale, oltre un ventennio fa,  sono state raccolte e pubblicate, in diversi volumi, le sue complessive produzioni letterarie: romanzi, commedie, poesie e gli  articoli della sua lunga attività giornalistica. Oltre l’omaggio, hanno significato e rappresentato principalmente un modo per fare conoscere la grande e geniale personalità. Ottone Bacaredda, nato nel quartiere storico di Stampace, come letterato era figlio d’arte; il padre Efisio era noto come autore di Cagliari ai miei tempi, opera in cui raccontava la Castedhu dell’Ottocento. Delle poesie in limba del sindaco verseggiatore,  ci sono pervenute solo poche composizioni. Si propongono alla lettura i versi della lirica A Lugori, una bella e classica poesia d’amore, e Sa rivoluzzioni, componimento satirico in cui si ridicolizza il “modo precipitoso e irrazionale” e senza risultati concreti e ideali di una sommossa del popolo cagliaritano; si tratta della rivolta, sanguinosa e violenta, motivata dal carovita, e non più sopportabile dal ceto popolare arroxius de suffriri, in cui, il “reazionario” amministratore, mette alla berlina “unu buddiri de genti sfainara”. Al  sindaco, nei giorni della sommossa del carovita, fu attribuito il seguente apoftegma: Candu non poteis pappai petza, pappai pisci. La sommossa del 1906, ricordata come i moti contro il carovita del “Maggio cagliaritano”, contagiò gran parte della Sardegna e rappresentò il drammatico esordio di ribellione del primo Novecento sardo. Bacaredda, già in ambito universitario evidenziò le sue capacità letterarie che, dando vita e dirigendo il primo giornale goliardico cagliaritano, gli permise la sua prima attività professionale con corrispondenze di eventi letterari e teatrali. Presso l’ateneo cittadino si laureò in Leggi nel 1871 e vi insegnò diritto penale e diritto commerciale; all’attività accademica affiancò, con successo, quella forense. Raggiunse grande notorietà da romanziere con le opere “Casa Corniola” e “L’ottantanove cagliaritano”. Fu indiscussa figura di primo piano nella vita di Cagliari. Eletto sindaco nelle elezioni del 1889, caratterizzò il suo lungo periodo amministrativo avviando e realizzando una serie di importanti opere pubbliche che, ancora oggi, connotano significativamente l’aspetto della Città. Al suo periodo da sindaco si collega la realizzazione di molte strutture scolastiche, del nuovo Palazzo Municipale in via Roma, la monumentalizzazione di antichi bastioni e un generale sviluppo urbano e di servizi (burocratici e sanitari). Fu anche eletto alla camera nella XXI legislatura (1900-1904), ma dopo tre anni si dimise per tornare all’insegnamento universitario e riprendere l’attività amministrativa per la sua Cagliari, di cui rimane nella memoria per le opere, per la longevità e idealmente il sindaco per antonomasia. Morì nella sua abitazione di via San Giovanni e venne sepolto nel monumentale cimitero di Bonaria.

 

 

 

Sa rivoluzzioni

De Terraprenu a sa Prazza 'e su trigu

est totu sa zittadi avvolotara;

s'intendit un'ammuinu, unu murigu,

unu buddiri de genti sfainara.

 

Si bint'is facis grogas che sa gêra

ghettant is ogus ciccidas de fogu,

bessit a pillu un'arrogu 'e bandera:

de boxis malas si prenit su logu.

 

Zerriant chi no' est manera e si spiliri,

chi no c'est caridari e religioni,

chi troppu seus arroxius de suffriri

e ch'in ci bolit sa rivoluzzioni!

 

E giai d'ognunu tocca de gorteddu

già si pigat de sanguni s'arrancu...

Heus a biri s'arruina de Casteddu

puit'hanti cresciu sa sparedda a francu.

 

 

A Lugori

Happu ingiriau su mundu cant'est mannu
e 'nc'appu bistu cosas de fai spantu,
appu suffertu dognia sort' ‘e dannu,
conosciu it'est s'arrisu, it'est su prantu;
ma su spantu prus mannu e su dolori

prus feroçi ses tui, bella Lugori.

 

Is ogus tuus, alluttus che su fogu,
sa bucca tua, prus frisca de una rosa,
in su coru m'ant fattu cussu giogu
chi no assimbilat a nisciuna cosa,
chi spizzulat e poburu e signori,
e chi ddi nanta, si no sbagliu, amori.

 

Tui sola biu, Lugori, in dognia parti,
stella luxenti in notti de beranu;
sempri ti sigu, e no conosciu s'arti
mancu de lompi a ti stringi sa manu…
comenti su profumu de unu flori,
t'intendu e no ti toccu, o mia Lugori.

 

E seu feliçi de ti cuntemplai
che una Nostrassignora in processioni,
e suffru e timu de no m'ammacchiai
a biri chi no intendis arrexoni,
ma po ti fai cumprendi it'est amori
t'hem'a bolli basai, bella Lugori.

 

 

 

 

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