La Consulta Regionale per l'Emigrazione, nella seduta del 27 novembre ha approvato una mozione a sostegno della richiesta di riconoscimento da parte dell’UNESCO del paesaggio culturale della Sardegna e la definizione del suo territorio quale “museo aperto” come patrimonio dell’Umanità.
La Consulta regionale dell’Emigrazione della Regione Sardegna – è detto nel documento - aderisce
all’istanza presentata in data 30 settembre 2020 alla Commissione Italiana Unesco dall’Associazione “La Sardegna per l’UNESCO” col patrocinio della Presidenza del Consiglio regionale e della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna “I monumenti della Civiltà Nuragica”, volta a riconoscere la tutela di massimo grado del paesaggio culturale della Sardegna e la definizione del suo territorio quale “museo aperto”.
La Consulta regionale dell’Emigrazione della Regione Sardegna consapevole della grandiosità e della straordinaria diffusione dei monumenti nuragici (oltre sei mila i siti già censiti), che dando un’impronta indelebile al paesaggio sardo fanno emergere una civiltà di grandi architetti e scultori, condivide la proposta di includere i monumenti della Civiltà nuragica nel Patrimonio culturale dell’Umanità dell’Unesco, si impegna:
- a promuovere iniziative nei territori dove operano i circoli sardi in Italia, in Europa e nel Mondo volte a far conoscere e sostenere l’esigenza di inserire il paesaggio culturale sardo nella lista di quei luoghi che l’UNESCO tutela e che appartengono a tutti i popoli del mondo;
- ad attivarsi affinché i soggetti istituzionali competenti agiscano per promuovere per la Sardegna un nuovo modello di “buono” sviluppo: in linea con gli indirizzi di sostenibilità ambientale e sociale, di contrasto dei cambiamenti climatici, di efficientamento della società attraverso la digitalizzazione;
- a promuovere la tutela e valorizzazione del “paesaggio culturale”, rispettoso delle comunità locali e dei valori culturali e identitari della nazione sarda, a partire dall’uso e dalla promozione in campo sociale della lingua sarda nelle sue varianti, aggredita da alcuni decenni da una forma di modernismo totalizzante che mette a rischio la sua stessa esistenza.