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“Moby Prince”: in memoria di Rosy Paternicò e di Silvana Prini

 Nella serata di mercoledì 10 aprile 1991, esattamente 30 anni fa, a tre miglia al largo del porto di Livorno, un incendio nel traghetto «Moby Prince», in servizio tra Livorno e Olbia, ha carbonizzato i corpi di 140 persone, metà delle quali membri dell’equipaggio e metà passeggeri. L’unico superstite è stato Alessio Bertrand, mozzo allora poco più che ventenne.

Al diffondersi della notizia del terribile rogo scrissi di getto un commento che inviai ai giornali sardi e alla stampa pavese. Concludevo: «La Sardegna per le vittime, purtroppo, è stata perversa matrigna, ma la colpa è soprattutto di coloro che non riescono a rendere sicuro nel 1991 neanche un viaggio in traghetto tra le sponde del mar Tirreno. La Sardegna come isola tragica, non solo per coloro che vi approdano d’estate, ma anche per coloro che cercano di metterci piede: deve essere proprio questa l’immagine dominante a livello di massa?».

In Sardegna d’estate, puntualmente sulla terra ferma si verificavano in quegli anni – ma, per la verità, anche negli anni più recenti – incendi assassini di chiara (secondo me) natura dolosa opera di pochi criminali (anche se qualche ambientalista estremista colpevolizzava tutti: “Siamo tutti incendiari nelle estati sarde!”). Certo non sono mancati, in tutti questi casi, vittime (anche numerose, sia tra i residenti sia tra i turisti) e ovviamente ingenti danni agli animali e alle cose.

Ma la tragedia sulla “Moby  Prince” non mi sconvolse soltanto per il numero dei morti ma anche per due motivazioni fonte per me sardo-pavese di particolare emozione:  tra le persone imprigionate dentro la nave e impossibilitate a tentare una via di scampo nel mare circostante, invaso dal petrolio ardente, c’erano molti sardi sia tra i componenti dell’equipaggio, a cominciare dal comandante, sia tra i passeggeri e, tra questi, due bibliotecarie pavesi che ben conoscevo come funzionario provinciale responsabile dei corsi per addetti ai servizi delle biblioteche pubbliche: Rosana (Rosy) Paternicò e Silvana Prini avevano frequentato questi corsi. Andavano a un convegno in programma a Dorgali, vicino a Nuoro. Si occupavano di laboratori di animazione con il libro rivolti ai ragazzi. Erano state invitate a comunicare la loro esperienza (maturata a Pavia presso il Centro di Documentazione e Sperimentazione del Comune) agli insegnanti sardi.
La memoria dei nomi di Rosy e di Silvana è affidata all’intestazione dell’attivissima Biblioteca Ragazzi del sistema bibliotecario urbano di Pavia (di Silvana, che era stata anche presidente della Pro loco di Spessa Po, ha scritto con mirabile prosa Gianni Brera, che frequentava l’associazione). 

Titolo di una recente notizia dell’Ansa: «Moby Prince, 30 anni fa una tragedia rimasta mistero. Mattarella: inderogabile impegno a fare luce». C’è da augurarsi che la speranza di risolvere il mistero non sia morta insieme alle vittime, la sera del 10 aprile 1991.

Nella foto la Biblioteca Ragazzi di Pavia intitolata a Rosy e Silvana

Paolo Pulina

 

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