Dopo aver ricordato che la Regione Sardegna, più di altre, avesse sempre rivolto attenzione al fenomeno migratorio, ha spiegato come nel 1974, dopo che era stata decretata la chiusura del giornale, un gruppo di giornalisti – tutti con un lavoro nelle principali testate operanti in Sardegna – si fossero costituiti in cooperativa e avessero chiesto alla Regione (nel frattempo era cambiato l’assessore che ne aveva deciso la chiusura) di poter riprendere le pubblicazioni per non recidere i rapporti con gli emigrati sardi ma anche per impedire che l’informazione fosse tutta nelle mani di un unico soggetto (i due quotidiani dell’Isola erano di proprietà di Nino Rovelli della SIR, che assorbiva tutte le risorse della Sardegna) che non dava spazio a chi non era a favore dell’industria petrolchimica e che quindi rischiavano di esere cancellati dall’Ordine dei Giornalisti.

Il progetto prevedeva che venissero fatti due numeri novembre e dicembre 1974. Per poi valutare se proseguire. Di rinnovo in rinnovo – ha raccontato De Candia – si è andati avanti per oltre 35 anni, affrontando difficoltà e ostacoli fino a quando l’assessore di turno decise di strappare il contratto in essere, ponendo fine a un’esperienza irripetibile.

Quando la Cooperativa riprese le pubblicazioni il Messaggero Sardo veniva stampato in 25 mila esemplari, quando cessò l’attività le copie inviate erano 77 mila e i paesi dove il giornale veniva spedito più di 120.

Per qualche hanno la Cooperativa, che aveva un suo sito www.ilmessaggerosardo.com , continuò a realizzare il giornale online a sue spese inviando il mensile a oltre cinquemila indirizzi.

Il libro racconta questa esperienza che documenta, attraverso le lettere dei lettori e la vita dei circoli e delle associazioni, la storia dell’emigrazione sarda e lo sconvolgimento sociale, culturale e economico che essa ha provocato e continua a provocare nella Sardegna.

Al momento di abbandonare la sede storica di Via Barcellona c’era il problema di cosa fare del materiale che vi era accumulato da lustri: lettere, documenti, foto, giornali, archivio di indirizzi.

Su suggerimento di alcune ricercatrici che frequentavano la redazione del giornale – ha ricordato De Candia - fu chiesto all’Archivio di Stato di Cagliari se quel materiale potesse interessare. Una funzionaria dopo un sopralluogo fece una relazione che inviò al Ministero della Cultura che riconobbe la documentazione del Messaggero Sardo di “Interesse storico di particolare importanza”.

Quella che doveva essere una relazione per presentare il materiale in un convegno si trasformò in breve in una montagna di notizie e informazioni che superavano il centinaio di pagine.

E’ stato il prof. Manlio Brigaglia, storico collaboratore del giornale, studioso di fama internazionale e autore e curatore di centinaia di libri sulla Sardegna, al quale De Candia aveva inviato una bozza della relazione a spingere perché fosse ampliata e arricchita con le storie di alcuni esponenti del mondo dell’emigrazione e fotografie prima di presentare il progetto all’editore Carlo Delfino.

Il libro fu presentato per la prima volta nelle sede del Consiglio regionale della Sardegna, successivamente al Salone del Libro di Torino, la più importante rassegna del settore in Italia, e poi in varie città della Penisola e all’Estero per iniziativa dei circoli sardi. Fino a quando la pandemia di Covid-19 ha bloccato qualsiasi possibilità di spostamento.

De Candia si è poi soffermato sulle pagine del libro dedicate all’emigrazione sarda in Belgio, una delle più numerose e di antica data, alla nascita dei circoli e della Lega (poi diventata Federazione), ai congressi e agli eventi più significativi organizzati nel corso degli anni, tra cui per la prima volta una riunione di Consulta lontano da Cagliari.

La presentazione si è conclusa con il ricordo di alcuni dei protagonisti di quelle lotte.