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L'ISOLA IN CUCINA di Roberto Loddi de Santu ‘Engiu Murriabi – Rìcette Luglio 2022

 Su Farri

In Sardegna, nella pianura del Campidano l’orzo (farre - farri) lo coltivavano e lo coltivano anche nei paesi a ridosso dei rilievi montani dell’Isola da secoli. Dalla farina d’orzo si preparava - su pane orzatu - il pane d’orzo, ed era quello che consumavano maggiormente i -  giualzos - famiglie della servitù. Già conosciuto da oltre dodicimila anni, l’orzo è sempre stato utilizzato nell’alimentazione dell’uomo. Originario dell'Asia occidentale e dell'Africa nord orientale, la sua coltura si è diffusa in tutto il mondo. Anticamente gli egiziani con la farina d’orzo preparavano pane azzimo e focacce, i greci lo utilizzavano in cucina quotidianamente, i gladiatori romani venivano rifocillati giornalmente con una zuppa d’orzo, mentre i cristiani producevano pane azzimo.

 

Nel trattato di pace tra Pisa e Genova del 1188 compare già Farri come cognome di persone che attraverso varie documentazioni trovate, pare risultasse di origini liguri. Tuttavia l’abitudine di associare al nome – casato un soprannome ebbe inizio intorno al termine dell’impero romano. Difatti nel Medioevo le persone iniziarono ad avere un cognome di seguito al nome, il quale poteva essere un particolare legato ripreso al tipo di mestiere, all’attività svolta, al luogo di nascita, ma anche caratteristiche fisiche dei genitori o consanguinei al fine di distinguere le persone. Mentre nel codice diplomatico sardo del 1388, l’anno in cui Eleonora d’Arborea firmò dopo lunghe trattative l’accordo di pace, per altro forzato (a causa del sequestro del coniuge Brancaleone Doria, liberato solo il primo gennaio del 1390) con Giovanni I di Aragona, i Majore (carica simile a quella di un sindaco attuale) dei villaggi biddhas - biddhasa – iddhas, siglarono anch’essi l’accordo di pace fra le parti e, tra i  presenti nella documentazione risultavano dei - farri - farris - farre - podda o poddine da farina - scetti: altri non erano che nomignoli – soprannomi - allomingiusu - che tradotti significano semolino o semola d’orzo - similia - simula - pollen  da polvere - furfur da crusca - fuscere - e  nulla ha a che fare con il frumento farro, quindi il nome venne mutato in Farris. Forse questo accadde quando fu in un certo senso reso obbligatorio l'uso di aggiungere il cognome o soprannome al  nome, ad ogni modo la formalizzazione dei cognomi fu introdotta intorno al 1550 circa durante il concilio di Trento (1545-63) nel quale si decise che i curati annottassero sui registri anagrafici oltre ai nomi anche i cognomi di tutti i bambini battezzati. Farri, comunque sia, in passato era anche un piatto quotidiano di tradizione contadina, preparato con ingredienti poveri e disponibili in casa. Oggi in alcune zone dell’Isola, il - farri o  farre - si prepara  ancora come un tempo e risulta essere una succulenta minestra che dà ristoro anche a coloro ai quali l’appetito non manca.

Ingredientis:   

g 250 di semolino d’orzo, g 250 di pecorino fresco, un ciuffo di mentuccia selvatica - - menta de arriu -, brodo di carne di pecora, olio extravergine d’oliva, aglio, pane -civraxiu - di Sanluri raffermo, sale e pepe di mulinello q.b.

Approntadura:

poni sul fuoco una marmitta con paio di litri di brodo che avrai preparato il giorno prima, in questo modo, il giorno dopo avrai la possibilità di sgrassarlo senza difficoltà. Quando inizia a bollire, tuffaci a piccoli pugni e lentamente il semolino d’orzo, mescolando la minestra con una frusta per evitare che si formino dei grumi, quindi lasciala cuocere a recipiente coperto per quaranta minuti, mescolando di tanto in tanto. Nel mentre riduci il pecorino a lamelle sottili e quando la pietanza è cotta, unisci il formaggio, alcune foglie di menta selvatica spezzettate finemente, una presa di sale, una generosa macinata di pepe e un giro di olio. Servi la minestra di semola ben calda con fette di pane abbrustolite e leggermente strofinate con dell’aglio.

Vino consigliato: Sardegna semidano Mogoro, dal sapore morbido, sapido, fresco e asciutto.

 

***

 

Allium cepa o chibùdda banaresa cun patatas in sa schiscionera

 

La cipolla (Allium Cepa - dal latino grande perla), nota fin dai tempi antichi, ha avuto nel passato uno straordinario successo per le sue virtù note ai medici e al popolo. La cipolla appartiene alla famiglia delle Liliacee (una specie bulbosa biennale o triennale). Ancora oggi si trovano varietà selvatiche sulle montagne dell'Afghanistan, del Turkestan e dell'Iran. La cipolla come l'aglio, il porro e altre specie affini, contiene un olio essenziale piccante acidulo che, grazie al suo contenuto in composti di zolfo, ha proprietà disinfettanti.

La cipolla è un ortaggio ricco di vitamine con un buon apporto nutritivo e si coltiva su terreni ben esposti  ricchi di fosforo e potassio. Dalla semina del bulbo al raccolto passano circa 120 giorni. Esistono diverse varietà di cipolle: quelle invernali che si consumano tra l'autunno e la  primavera, quelle estive, quelle piccole impiegate dalle aziende conserviere e quelle da semina. Ci sono poi cipolle di polpa rossa, violacea, bianca, tonde, dolci e di sapore forte. Comunque sia la qualità, prima della conservazione le cipolle prima della conservazione vanno fatte essiccare perfettamente prima di confezionarle per poi metterle in commercio.

La cipolla era considerata una pianta sacra in Egitto, Cina, Asia Orientale e Asia Minore. Si racconta che, nella costruzione della Piramide di Cheope furono pagati 1600 talenti d’argento per comperare aglio, cipolle e molto probabilmente anche ravanelli, da usarsi come alimento degli schiavi. Alcune fonti narrano che erano utilizzati anche come paga giornaliera. Secondo quanto narra Artemidoro di Daldi II secolo dopo Cristo, la cipolla come l'aglio erano ritenute piante profetiche e una consuetudine popolare narrava che se un malato avesse sognato di mangiare poche cipolle, il suo male sarebbe peggiorato drasticamente, mentre se avesse sognato di mangiarne in quantità insieme a spicchi d’aglio, sarebbe accaduto il contrario. Nell’antico Egitto,  ritenevano che per il suo aspetto tondeggiante, con i suoi strati circolari fossero l’emblema di vita eterna ed è stato documentato che canestri di cipolle venivano messi in dono ai morti nelle sepolture, in quanto si credeva che la potente fragranza emanata potesse restituire il respiro ai defunti. La cipolla, nell’antica Grecia venne introdotta in porzioni generose nella dieta degli atleti, in quanto era ritenuta un fluidificante del sangue, mentre i gladiatori romani l’usavano per massaggiare il corpo, per tonificare i  muscoli.

Marco Gavio  detto Apicio, nel suo trattato di cucina  “De re Coquinaria” riporta in tantissime ricette l’uso della cipolla. Nella cucina degli Etruschi, le massaie alternavano aglio e cipolla nella preparazione delle pietanze, perché questi due ingredienti davano il sapore primario ai cibi ed erano ritenuti importanti anche per motivi igienici, terapeutici, stimolanti ed afrodisiaci. Sempre a proposito della cipolla, pare che nel medioevo venisse impiegata come moneta per pagare la pigione o per fare dei presenti e nel 1493, Cristoforo Colombo nel suo  viaggio in America,  la fece conoscere al popolo haitiano. La cipolla risulta essere diuretica, depurativa, antiglicemica, inoltre fa bene alle vie respiratorie, nell'influenza, nelle riniti, nell'angina, nelle faringiti, polmoniti e bronchiti, grazie alla sua attività antibiotica. Un tempo i medici la consigliavano per lenire il mal di testa, per combattere la caduta dei capelli e per guarire i morsi dei serpenti. La cipolla è particolarmente utile nelle affezioni alla prostata, combatte l'ipertensione, la senescenza, l'arteriosclerosi e le affezioni all'apparato urinario. La cipolla è anche indicata contro le fermentazioni intestinali e facilita la digestione. Ha la straordinaria proprietà di diminuire il colesterolo, i trigliceridi e i lipidi presenti nel sangue, perciò per le sue benefiche proprietà sarebbe meglio consumarla (se tollerata) cruda. Ma questa preziosa bulbosa non finisce mai di stupirci, pensate che, lo zolfo estratto dalla cipolla è impiegato nella cosmesi per combattere la forfora, la seborrea e non solo,  migliora anche l'irrorazione sanguigna del cuoio capelluto. Molte altre sono le proprietà della cipolla, ad esempio, contro l’azione dei farmaci è utile bere durante la giornata, l'acqua di cottura di due o tre cipolle affettate e fatte bollire in un litro d'acqua. Per combattere la tosse e le affezioni alle vie respiratorie fate bollire un quarto di latte con due cipolle affettate e il decotto filtrato e mescolato a due cucchiai di miele sarà un toccasana. Provare per credere!

Ogni anno a Banari, nel mese di luglio viene dedicata una rassegna alle cipolle, con  manifestazioni di vario genere, balli e canti in lingua sarda, il tutto condito con degustazioni di piatti tipici della cucina banarese a base di cipolla e ottimo vino locale.

Ingredientis:

kg 1 di cipolle di Banari - chibudda anaresa -, kg 1 di patate di Gavoi, un mazzetto di prezzemolo, un ciuffo di timo, sardo – armidda -, 2 spicchi d’aglio, g 150 di guanciale sardo - grandua -, aceto di ottima qualità di vino rosso, brodo, olio extravergine d’oliva, sale e pepe di mulinello q.b.

Approntadura:

prima di tutto sbuccia le cipolle, affettale a tocchi, ponile a bagno in acqua fredda miscelata con mezzo bicchiere d’aceto per un quarto d’ora e subito dopo, scolale ed accomodale su un canovaccio da cucina ad asciugare. Nel mentre, pela le patate, tagliale a pezzi regolari e poni il ricavato dentro a una terrina contenente abbondante acqua fredda. Fatto, versa il guanciale ridotto a poltiglia dentro a un ampio tegame - schiscionera - insieme a un giro d’olio, quindi unisci le cipolle, le patate ben scolate ed asciugate, il prezzemolo e il timo tritati, l’aglio e lascia rosolare il tutto a fiamma vivace. Passati cinque minuti,  abbassa la fiamma e prosegui la cottura, girando con cautela gli ingredienti per evitare di spappolare le patate, fino a quando non risulteranno tenere ma non sfatte, qualora fosse necessario, aggiungi del brodo vegetale bollente, per evitare che il tutto si attacchi sul fondo. Arrivati a questo punto, regola il sapore di sale, impreziosiscilo con una generosa macinata di pepe e servi la preparazione immediatamente.

Vino consigliato: Nuragus di Cagliari fermo, dal sapore sapido, armonico, leggermente acidulo, gradevole e  asciutto.

 

 

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