Il circolo sardo Nuraghe di Losanna, in collaborazione con la Regione Sardegna e la Federazione dei circoli sardi in Svizzera ripropone, post pandemia, una giornata “mani in pasta” alla scoperta delle tradizioni culinarie legate alle paste e dolci dell’isola.
Quando si pensa alla Sardegna vengono subito in mente malloreddus e culurgiones, che furono già protagonisti della prima edizione del laboratorio svoltasi nel 2019.
In una piovosa domenica di settembre il circolo questa volta ha proposto una chicca sconosciuta anche a molti sardi Su Filindeu, i fili di Dio.
Questa pasta rarissima è stata magistralmente prodotta, spiegata e insegnata per l’occasione da Luca Floris che da Nuoro ha gentilmente accettato il nostro invito a Losanna.
Ma, chiediamo a Marta Mameli, grande apprezzatrice di prodotti sardi di nicchia, che ha portato ed elaborato con entusiasmoil progetto, e partiamo dall’inizio e da com’è nata l’idea di passare dal mainstream deimalloreddus alla nicchia fili di Dio.
“Ho scoperto questa pasta, nel negozio di formaggi della famiglia di una mia cara amica di cui sono assidua frequentatrice. Qui, non manco di rifornirmi di prodotti tipici e bontà rare ogni qual volta torno in Sardegna. Ricordo di essere rimasta molto incuriosita da questa pasta che sembrava avere origini lontane ed una fattura certo non proveniente da una mano qualsiasi. La comprai senza farmi troppe domande, fidandomi come sempre dei prodotti della mia terra e scoprii la storia di questa pasta nuorese e il modo in cui tipicamente si gusta e ne parlai al circolo durante una delle nostre riunioni così, come un semplice racconto delle vacanze.
Fu poi una domenica che Rai tre credo trasmesse un servizio sul Filindeu e sulle abilissime mani che lo producono in Sardegna tra cui quelle di Luca, unico uomo che in quei minuti raccontava la sua storia e mostrava il suo lavoro.
Un commento provocatorio sui social fatto su quel servizio, ha fatto sì che io e Luca ci mettessimo in contatto, e che alla riunione successiva del circolo proponessi al comitato l’idea di portare su Filindeu e Luca a Losanna per “mani in pasta”.
Il Filindeu è per tutti ma probabilmente non per le mani di tutti. È si una pasta fatta semplicemente di semola ed acqua ma richiede un’abilità e un’armonia nei movimenti non da poco, il tutto condita da una sana testardaggine, non sconosciuta a molti sardi.
Dopo una serie di messaggi e telefonate Luca ci ha finalmente raggiunti a Losanna dove ci ha raccontato di persona com’è nata la sua passione. Da piccolo quando le donne facevano la pasta lui poteva solo girare la manovella della macchinetta. La sua curiosità è nata dopo che una signora del suo paese, parlando de Su Filindeu commentò: “i maschietti non sono interessati” ed è da lìche è scattata la sua voglia di provare. Ma non solo. Di studiare le semole e trovare la combinazione perfetta per il suo Filindeu che è arrivato dopo innumerevoli notti insonni, durante le quali “mi ritrovavo a pesare tutto, anche l’aria” (…),impasti non adatti riciclati ad altro e migliaia di fili tirati.
Luca ha accettato felicemente il nostro invito e ci ha raggiunto per renderci partecipe di un’esperienza che ha toccato il nostro animo, arricchito i nostri occhi e perché no messo alla prova la nostra pazienza!
L’evento ha riunito sardi di vecchia e nuova generazione ma non solo. Gli amici del circolo, italiani e non, che vivono in Svizzera, un evento decisamente intergenerazionale con una presenza significativa di giovanissimi.
Il laboratorio è iniziato con una dimostrazione pratica della preparazione dell’impasto. Luca era già lì, circondato dagli occhi meravigliati dei presenti, perché, sembrerà strano ma anche fare la pasta solo con semola ed acqua non fa parte delle tradizioni di tutti. Ed ecco che ad uno ad uno tutti si sono cimentati in questa prima fase a cominciare dai più giovani. Loro i primi curiosi a proporsi e i primi disposti a sperimentare.
La pasta deve riposare prima di essere tirata ed allungata fino a creare questo intreccio mai visto di tre strati di fili adagiati tradizionalmente su un fondo intrecciato di asfodelo di 70 cm.
Il processo è complicato e delicato e certo nessunosi aspettava di riuscire nell’ardua impresa, ma tutti hanno continuato a provarci e riprovarci mantenendo la meraviglia negli occhi e l’entusiasmo alto.
Grazie a Luca, Su Filindeu, che una volta finito deve seccarsi per una notte almeno, era già nelle nostre mani pronto ad essere cucinato e gustato nella tipica variante in brodo. Una meraviglia da vedere e non solo!”.
Prima che lasciassero la sala con il prezioso sacchetto di impasto, è stato chiesto ai partecipanti cosa avessero apprezzato della giornata. La rispostaè stata “tutto”:vedere, fare, gustare, chiacchierare, conoscere… anzi, quasi tutto! ha precisato Josto, giovanissimofandei nostri laboratori, “mi ha stressato non esser riuscito a farli bene questi fili di Dio”.
L’atmosfera, la sfida, la novità, la scoperta delle tradizioni, la ricerca delle cose nascoste, la bontà dei prodotti antichi, hanno confermatol’interesse intorno a laboratori che attivamente facciano ri-scoprire cose e storie della Sardegna.
Il secondo appuntamento di “mani in pasta” ci ha portato il sole mentre fuori era grigio in una giornata in cui generazioni e terre tra loro lontane sono state magicamente unite da Su Filindeu.
Marta Mameli e Roberta Pilia