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Antonio Segni e l’Oltrepò pavese

 La ricorrenza del 50° anniversario della morte (avvenuta a Roma il 1º dicembre 1972, dopo una lunga malattia, il cui insorgere aveva causato, il 6 dicembre 1964, le sue dimissioni volontarie da capo della Stato, carica alla quale era stato eletto l’11 maggio 1962) è l’occasione (anche per i Circoli degli emigrati sardi) per ricordare le origini sarde di Antonio Segni. Nato a Sassari, il 2 febbraio 1891, in una nobile famiglia, frequentò il Liceo “Azuni”, si laureò in giurisprudenza nel 1913, aderì al Partito Popolare Italiano fin dalla sua fondazione e fu consigliere nazionale del PPI dal 1923 al 1924. Fu docente universitario di diritto processuale civile dal 1920, insegnò in varie università: Cagliari, Pavia, Sassari (di cui fu rettore magnifico dal 1946 al 1951), Perugia e Roma. Dopo l’avvento del fascismo, si ritirò dalla vita politica.

 

Nel 1942 fu tra i fondatori della Democrazia Cristiana e nel 1946 venne eletto deputato all’Assemblea Costituente. Numerosi i suoi incarichi governativi e istituzionali: più volte ministro e presidente del Consiglio e poi, soprattutto, quarto presidente della Repubblica.

Lo storico sassarese Salvatore Mura ad Antonio Segni ha dedicato notevoli studi. Si veda soprattutto il suo ponderoso volume (500 pagine) dal titolo “Antonio Segni. La politica e le istituzioni” (Il Mulino, 2017) di cui riproduciamo la scheda editoriale: “Giurista, cattolico, riformista coraggioso quando elaborò il progetto di riforma agraria, conservatore rigoroso durante la stagione del centro-sinistra, Antonio Segni è stato certamente un protagonista della storia dell’Italia repubblicana. Fu ministro dell’Agricoltura (1946-1951), ministro della Pubblica istruzione (1951-1954), presidente del Consiglio (1955-1957), vicepresidente del Consiglio e ministro della Difesa (1958-1959), nuovamente presidente del Consiglio (1959-1960), ministro degli Esteri (1960-1962) e, infine, presidente della Repubblica (1962-1964). In questo volume, frutto di un’ampia ricerca archivistica, Salvatore Mura ne ricostruisce per la prima volta la biografia completa, dalla nascita, nella Sassari di fine Ottocento, alle esperienze istituzionali al vertice dello Stato”.

In questo articolo voglio soffermarmi su due passaggi di Segni in Oltrepò pavese e, per il primo di questi eventi, faccio riferimento a un altro volume curato da Mura e intitolato “Antonio Segni-Diario 1956-1964”.

In un appunto datato 5 maggio 1957, Segni registra una sosta in Oltrepò: «Viaggio splendido per Piacenza lungo la costa della Corsica occidentale. A Montù [Beccaria] assisto allo scoprimento della lapide per Carlo Vercesi».  

In effetti Montù Beccaria ricorda un suo illustre personaggio, il prof. Carlo Vercesi, con due lapidi. In una è scritto: «In questo Teatro [Dardano] il 5 maggio 1956, presente Sua Ecc. Antonio Segni, eletto poi IV presidente della Repubblica, i professori Massazza e Ciferri commemoravano Carlo Vercesi, magnifico rettore, clinico ostetrico ginecologico, e Luigi Montemartini, senatore della Repubblica, botanico, fitopatologo, l’uno e l’altro orgoglio e vanto di Montù Beccaria».

L’informazione diaristica di prima mano certifica indubitabilmente che Segni non fu presente a Montù il 5 maggio 1956, come scritto nella lapide, ma esattamente un anno dopo.

Vercesi era legato alla moglie di Segni, Laura Carta Caprino, in quanto marito di una delle sorelle, Giovanna detta Vannina (Sassari 1901-1979). Da loro nacquero quattro figli.

In una pagina del volume “I grandi e i grossi” (1973), Italo Pietra racconta il rapimento nell’inverno 1944-’45 del prof. Vercesi da parte di un partigiano pavese in bicicletta che lo trasporta in montagna e lo consegna ai resistenti in Oltrepò. Pietra riferisce che Vercesi, ormai diventato amico dei partigiani, vantava la capacità del cognato avvocato “Tonino” di prevedere, mentre erano in corso, gli sviluppi degli avvenimenti della Seconda guerra mondiale (“L’aveva detto Tonino!”: questo il ritornello che era solito ripetere). Piccolo particolare: quel “Tonino” altri non era che il sassarese Antonio Segni, destinato a essere conosciuto a livello nazionale come politico di primo piano della DC e poi come IV Presidente della Repubblica.

Carlo Vercesi e Vannina Carta Caprino sono sepolti nel cimitero di Montù Beccaria.

La seconda volta Segni, da soli 20 giorni Presidente della Repubblica, venne in Oltrepò per onorare a Voghera le 64 vittime della gravissima sciagura ferroviaria avvenuta in quella stazione la notte del 31 maggio 1962: un treno merci proveniente da Milano non rispettò un semaforo rosso e piombò su un treno carico di passeggeri diretto in Liguria che sostava sul terzo binario. Fu la più grave sciagura ferroviaria italiana del dopoguerra, citata nelle cronologie di rilievo nazionale relative al Novecento italiano.

Nel Diario citato (1956-1964) Segni non scrive nessuna nota per tutto l’anno 1962.

Sappiamo che, non appena ricevette notizia del terribile disastro ferroviario (vi furono anche più 30 feriti), Segni telefonò immediatamente (secondo il racconto del settimanale “Epoca”) al pilota del Convair presidenziale, il maggiore Ezio Pietroluci, e gli disse: “Tra mezz’ora partiamo”.

Il presidente accorse in città per esprimere il cordoglio della Nazione. “Stampa Sera” dell’1-2 giugno 1962 titolò “Segni rende omaggio alle vittime del disastro ferroviario di Voghera”. Riferì l’inviato Giuseppe del Colle: “Anche il presidente della Repubblica è giunto a Voghera per rendere l'estremo omaggio alle vittime. L’on. Antonio Segni è arrivato alle 11,30 all’aeroporto di Milano Linate ed è subito ripartito sull’auto del prefetto di Pavia, Mario Vegni. È giunto a Voghera poco dopo mezzogiorno. Il presidente della Repubblica ha disposto l’elargizione di cinque milioni di lire a favore dei familiari delle vittime. Ai funerali la presidenza della Repubblica sarà rappresentata dal consigliere militare gen. Emiliano Scotti”. Segni visitò la camera ardente accanto all’allora sindaco Rino Cristiani.

Paolo Pulina

 

 

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