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A Santu Lussurgiu “Su Disterru, Storie di emigrazione”

 Nell’ ambito degli eventi programmati dal Centro di Cultura di Santu Lussurgiu per celebrare il centenario della nascita di Francesco Salis, “Su Mastru”, il maestro, che del Centro è stato fondatore e animatore per tutta la vita, sabato 15 luglio si è tenuto l’incontro dedicato al tema dell’emigrazione: “Su Disterru, Storie di emigrazione”.

Nonostante il caldo torrido il Salone del Centro Culturale era affollato e tantissimi sono stati gli emigrati che si sono collegati in videoconferenza dall’ Australia per ricordare la figura de “Su Mastru” che era stato un punto di riferimento quando erano giovani, e anche per la loro formazione.

L’evento, infatti, aveva come titolo “Gli emigrati lussurgesi si raccontano. L’emigrazione  nel secondo Novecento e il ruolo del Centro Culturale di Santu Lussurgiu”.

 

Salis è stato davvero un maestro di vita per tante generazioni di lussurgesi. La scuola – sosteneva - non deve rimanere ferma in una posizione astratta, lontana dalla realtà. Deve invece continuare la sua azione educatrice nella vita”. E il maestro Salis ha preparato moltissimi giovani a affrontare anche la traumatica esperienza dell’emigrazione che in quegli anni era l’unica opportunità di sfuggire alla fame e alla miseria per cercare di costruire un futuro migliore.

Il Centro di Cultura Popolare di Santu Lussurgiu fondato da Salis, faceva parte della rete dell’ Unione Nazionale per la Lotta all’Analfabetismo. E’ stato uno strumento di crescita per le giovani generazioni di lussurgesi fin dalla fine degli anni Cinquanta del secondo scorso. Ma il maestro Salis aveva anche la passione dello studio della lingua sarda e della conservazione della memoria e delle tradizioni locali. E con il materiale racconto nel 1976 ha aperto il “Museo della Tecnologia Contadina”, che custodisce migliaia di strumenti di lavoro e oggetti di uso quotidiano, raccolti solo ed esclusivamente nel capoluogo del Montiferru.

Per ricordare la figura e l’opera di questo grande lussurgese, in occasione del centenario dalla nascita sono stati programmati una serie di incontri.

A parlare di emigrazione sono stati invitati Francesca Mele che ha curato il libro “La corriera partiva alle tre” che raccogli lettere, storie e foto di emigrati lussurgesi soprattutto in Australia, e Gianni De Candia, direttore de “Il Messaggero sardo” il mensile per gli emigrati sardi finanziato dalla Regione sarda e edito da una cooperativa di giornalisti che ha tenuto legati gli emigrati sardi sparsi nel mondo informandoli degli eventi più significativi che avvenivano in Sardegna, facendogli conoscere la storia, le tradizioni e la cultura dell’Isola, e raccontando le loro storie e le attività che si svolgevano nei loro circoli.

Gli interventi sono stati coordinati da Maria Arca, presidente del Centro Culturale, coadiuvata da Giovanni Matta, instancabile componente del direttivo. .

Dopo il saluto del sindaco Diego Loi, e quello dell’assessore del Lavoro Ada Lai, che impossibilitata ad intervenire ha inviato un videomessaggio in cui ha ribadito l’impegno della Regione a sostegno dell’emigrazione sarda, per rinsaldare i legami con le comunità dei sardi nel mondo, Francesca Mele ha raccontato come è maturato il progetto di raccogliere le testimonianze delle famiglie degli emigrati. La sua articolata relazione è stata preceduta dalla proiezione di un filmato su Santu Lussurgiu e sue bellezze, e intervallata dalla esibizione de Su Curcordu ‘e su Rosariu” che ha eseguito alcuni brani del suo repertorio.

Francesca Mele ha letto alcune delle lettere pubblicate nel libro suscitando commozione tra i presenti. In particolare quelle delle donne che si sposavano per procura o quelle che partivano portando nella valigia l’abito da sposa.

Gianni De Candia ha raccontato gli incontri avuti con la comunità sarda in Australia, a Sydney e a Melbourne. La prima volta nel 1988, in occasione del viaggio del presidente della Repubblica Francesco Cossiga per i festeggiamenti del bicentenario dell’Australia.  La seconda nel 2002.  Ha ricordato che la prima ondata di emigrazione da Santu Lussurgiu verso l’Australia risale agli anni Venti, del secolo scorso, subito dopo la fine della Prima Guerra mondiale. E la seconda e più massiccia negli anni Cinquanta e Sessanta, per sfuggire alla miseria lasciata dalla Seconda Guerra Mondiale. In alcuni casi, come per Francesco Piu e Diego Palmas era stata la presenza di parenti partiti negli anni Venti a invogliarli a affrontare un viaggio avventuroso con la prospettiva di non poter tornare mai più in Sardegna.

De Candia ha raccontato come quegli emigrati non venissero più considerati parte della popolazione. Solo dopo gli accordi con la Comunità del Carbone e dell’Acciaio (l’embrione dell’attuale Unione Europea), quando l’Italia cedeva braccia in cambio di carbone, l’emigrazione assunse una visibilità e cominciarono le tutele. Anche se – ha ricordato De Candia – le braccia partivano dal sud e dalle Isole e il carbone veniva usato per le industrie del Nord.

Ma prima che le misure di sostegno all’emigrazione sarda – come le agevolazioni per il rientro, le colonie estive per i bambini e gli assegni di studio – erano riservati solo agli emigrati in Europa e in Italia. Solo nel 1991, con la legge n. 7 a tutti gli emigrati sono stati riconosciuti tutti gli stessi diritti dei sardi residenti.

Dopo un comprensibile imbarazzo iniziale anche i lussurgesi d’ Australia hanno cominciato a parlare. La prima a rompere il ghiaccio è stata Ausilia Enna, vedova di Diego Palmas, che per tanti anni è stata la segretaria e l’animatrice del circolo sardo di Sydney. Ha ricordato il suo viaggio per andare a sposarsi.  Poi via via hanno preso coraggio Lina Putzolu, Maria Mameli, Mario Ardu, e poi Michael Piu.

E’ stata poi la volta dei parenti che si trovavano nel Centro Culturale, Maria Deriu e Rita Migheli e poi Raffaele Masala, rientro a Santu Lussurgiu dopo 40 anni in Australia. E poi ancora Anna Manca e Antonietta Enna in video conferenza e Doloretta Casula Migheli e Marco Piu.

Un susseguirsi di ricordi e di emozioni che hanno commosso e coinvolto tutti.

Il sindaco Diego Loi, concludendo l’evento ha ribadito l’impegno a ricordare in modo degno il maestro Salis e la sua opera, potenziando l’attività del Centro Culturale e la conservazione della memoria dell’emigrazione, fenomeno che seppure con modalità e motivazioni diverse non accenna a esaurirsi e anzi sta provocando lo spopolamento dei paesi dell’interno della Sardegna e no

 

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