“Il canto della regina” è un omaggio di Franco Fresi a Roma, cantata non come la celebrazione carducciana della città eterna, ma come sfondo alla vicenda autobiografica e interiore del poeta e l’ape regina è simbolo di Roma che muore ed eternamente rinasce: Anche il tuo canto è flebile, Roma, accordo di canute acque in piano alveo eco d’antica voce di fiume condannato a non morire.
E’ poesia della memoria con una venatura crepuscolare, ma i ricordi, più che essere il luogo della nostalgia (che pure c’è ed è struggente) diventano freudianamente simboli, espressione conscia di significati spesso inconsci.
Così il fiume di casa e il Tevere non sono solo fiumi (per la strana magia di non essere solo fiume) ma simboli del fluire incessante delle cose, secondo l’eracliteo panta rei.
Roma evoca il circolo dei poeti, al quale il poeta provinciale è orgoglioso d'appartenere (sì ch’io fui quarto tra cotanto senno), per cui si pone la domanda: chi è il poeta? E si risponde: è colui che ferma per sempre un’immagine delle cose, sottraendola al fluire infinito del tempo.
Sono talvolta bozzetti di vita vissuta e ritratti che racchiudono nel cerchio di pochi versi una storia o i tratti indelebili di un personaggio, come il barbone di Ponte Garibaldi. Tomaso Panu