È un elegante e accurato contributo al “dovere del ricordo”, questo “Curragghia 1983: un inferno da non dimenticare”, librino pubblicato da Il Filo Gruppo Albatros, Roma 2011,opera prima di Carla Girelli Atzori, nata a Latina e tempiese per adozione. Una testimonianza singolare che si presenta con le carte in regola.
Soprattutto per almeno tre ragioni: l’attaccamento sincero dell’autrice a una città sua solo in parte, fatta propria in nome di una partecipazione dolorosa che diventa appartenenza; l’individuazione puntuale dei problemi che hanno segnato nella popolazione gallurese, ma soprattutto tempiese, un punto di svolta: la conoscenza di un evento che si è addirittura connotato come forza autonoma del male, contro la quale la risposta dell’uomo non può che porsi come difesa ragionata, spoglia da errori e sottovalutazioni; l’esposizione accorata ma mai ridondante, dei fatti legati all’intera tragedia dei morti di Curragghja nel rogo del 1983, portata avanti dettagliatamente ma senza risonanze retoriche.
Chi scrive questa nota ha conosciuto de visu il giorno culmine di quell’accadimento da tregenda. Richiamato d’urgenza dalla casa di campagna di Luogosanto, da una voce irriconoscibile allora, sconosciuta anche oggi, che gli comunicava che la sua casa stava per essere assalita dal fuoco, ha vissuto buona parte di quel giorno in primo piano, protetto da un piccolo uomo in tuta gialla che faceva parte di uno dei tanti gruppi di soccorso che, sprezzanti del pericolo, cercavano disperatamente di salvare la città.
Chi è stato lì quel giorno maledetto può testimoniare, senza paura di errore, che tutto ciò che la giovanissima autrice di questo libro ha messo su carta corrisponde alla realtà.
Ho letto altre cose su quel giorno, alcune serie e veritiere, altre meno precise, altre ancora adulterate da sospetti non dimostrabili.
Si dice che oggi scrivono tutti e che ognuno vuole dire la sua fermandola su carta. Questo può essere vero, ma è anche vero che si tratta di un fenomeno positivo. Prima la notizia era garantita dall’oralità, forza comunicativa di grande diffusione ed efficacia, ma soggetta a una trasformazione continua via via che il fatto raccontato passava di bocca in bocca portandosi dietro aggiunte e interpretazioni personali nelle quali la verità del fatto stesso cambiava di natura per poi finire nello statuto ambiguo della leggenda.
Altra cosa è la codificazione del fatto attraverso la scrittura. E per questo non c’è bisogno che chi si arma di penna e imprime a caldo ciò che ha visto su una pagina bianca debba far parte dell’albo di quelli che scrivono per mestiere.
Questo di Carla Girelli è un contributo sincero a quella verità che ognuno di noi è chiamato a dichiarare perché entri a far parte della storia minima di una paese che ha deciso di avere rispetto di se stesso.
Questa mia è solo una constatazione. Ma è anche un augurio che la voce di Carla continui ad annotare almeno una parte degli avvenimenti che ci turbinano intorno in questa confusa contingenza storica che stiamo attraversando.
Franco Fresi