Aragonesi e Spagnoli
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Nel 1297, Papa Bonifacio VIII istituì il "regnum Sardiniae et Corsicae" e ne diede l'investitura a Giacomo II, conte-re di Catalogna e Aragona, nell'ambito di una sistemazione politica nel Mediterraneo.
Lo fece per risolvere la guerra dei Vespri Siciliani, la contesa tra le famiglie d'Angiò e d'Aragona, i contrasti tra Pisa e Genova.
Il regno esisteva solo sulla carta ed il nuovo re doveva conquistarselo, cosa che fece a partire dal 1323.
La conquista fu molto contrastata, i giudicati un po' per volta scomparvero (quello che resistette maggiormente fu Arborea).
Di gran rilievo fu la figura della giudicessa Eleonora, ancora assai popolare, che nel corso del suo regno (1383-1404), riuscì a riunire il popolo sardo contro gli invasori.
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La sua opera più notevole è la Carta de Logu, scritta in lingua sarda, che tratta materie civili e penali.
L’autonomia del giudicato cessò nel 1409 con la vittoria di Martino il Giovane, figlio del re di Aragona, che però poco dopo morì e ciò comportò enormi conseguenze nella situazione della dinastia, del Mediterraneo e per il regno.
Al posto del giudicato fu istituito un Marchesato di Oristano ma anche questo si ribellò, fu sconfitto e scomparve nel 1478 poco prima che i regni di Aragona e Castiglia si unissero.
La dominazione spagnola fu molto pesante per la popolazione anche a causa dei feudatari ai quali era stato concesso in proprietà gran parte del territorio regionale:
essi durarono per diverso tempo anche nel periodo sabaudo.
I Comuni ed Oristano divennero Città Reali con uno statuto speciale.
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Del periodo aragonese e spagnolo, sono pochi gli edifici di un certo pregio in tutta l’Isola, prevalentemente chiese.
Lungo le coste furono costruite varie torri per l’avvistamento e la difesa dalle incursioni dei pirati arabi.
Vi sono invece molte apprezzabili opere d’arte, come i “retabli” o le sculture di legno e di marmo.
Tra le sculture, anch’esse di provenienza iberica e poi italiana, che si trovano in molte chiese, sono da citare i gruppi “compianto di Cristo morto” ed i “crocifissi dolorosi”, nonché le tante statue di legno realizzate con la tecnica “estofado de oro” (cioè dorate e damaschinate), in gran parte di scuola napoletana.
Restano ancora molte usanze e costumi, tra cui varie manifestazioni religiose; anche la lingua resisté a lungo e ci volle parecchio tempo per sostituirla con l’italiano anche negli atti pubblici.