La Gallura, estrema cuspide del nord-Sardegna, dove è in atto un incoraggiante risveglio culturale che si manifesta con pubblicazioni di diversa ispirazione, si è da poco arricchita di un libro inquieto e inquietante scritto da Mario Gregu, nato a Balaiana nella campagna di Luogosanto e cittadino di un’altra decina di patrie.
L’opera, che può essere definita romanzo-documento, è stata pubblicata a Milano da Salani Editore. Il suo contenuto è annunciato da un titolo altrettanto inquietante per non dire sinistro: “Nato all’inferno”.
Un inferno dal quale una fragile anima indifesa, contravvenendo alle regole dell’aldilà stabilite della religione, riesce a fuggire attraverso le vie meno tragiche del purgatorio fino a raggiungere una buona fetta di paradiso.
Giulia Borghese sul “Corriere della Sera” scrive: “Protagonista insieme al ragazzo stanco e affamato, spesso maltrattato, ma di grande forza e intelligenza, è la Sardegna del dopoguerra”.
Una Sardegna, una Gallura che non possono essere più quelle descritte da Gregu: infide, inospitali, poverissime di risorse e di buoni sentimenti come l’ospitalità e l’amore famigliare. Non che nel libro non si trovino persone buone pronte a dare una mano a chi ne ha bisogno, soprattutto bambini o giovani; ci sono ma sono così poche da stupire soprattutto il lettore che della civilissima Gallura conosce vita e miracoli.
Ciò non toglie al libro la minima considerazione sul suo valore di testimonianza e di esempio. C’è nel libro tutta la forza di un talento nativo, dirompente e libero da abbellimenti retorici, che graffia la gola di chi legge a voce alta e asciuga gli occhi di chi quella lettura non riesce ad interromperla fino alla fine.
Viene voglia di non dire di più di questo libro nuovo nel suo genere e antico allo stesso tempo, che porta il lettore ad immergersi in un tempo anche più lontano del dopoguerra quando da quelle parti, rianimate dalla penna di Gregu, si era tanto “barbari” da fare apprezzare oggi anche di più lo sforzo che è stato fatto per arrivare al benessere e alla civiltà del presente.
Dire e scrivere poco di ciò che avviene nella vicenda raccontata da Mario Gregu vuol dire rispettare la sorpresa del lettore che scoprirà, riga per riga, fatti e persone dissimili, tanto nel bene che nel male, da quelli che oggi vivono assieme e intorno a noi.
Basterà dire che Mario, terzo di sei fratelli di una famiglia di pastori mezzadri, dava una mano al babbo nei lavori della terra e andava anche a scuola percorrendo chilometri e chilometri sempre scalzo e con tanta fame da non reggersi in piedi. Morti il padre e la madre ebbe la “fortuna” di trovare un padrone che al primo errore “mi legò le mani e i piedi e con il bastone mi pestò finché, alla fine, forse pensando che fossi morto, se ne andò”. Roba da fantasia collodiana, da fiaba. Ma che fiaba non è.
Mario non morì garantendo così al lettore la conoscenza di vicende ancora più terribili raramente intervallate da caldi esempi di assoluta bontà da parte di persone incontrate per caso.
Mario Gregu vive oggi con la moglie ad Arzachena, a due passi da quella Costa Smeralda che con la sua rutilante realtà affascina e spaventa buona parte degli uomini di una certa età. Magari dell’età di Mario che di anni ne ha settantasette. Portati benissimo. Ma a lui il frastuono smeraldino non lo affascina né gli fa paura. A un uomo che nato nell’inferno è riuscito a conquistare un angolo di paradiso non può far paura niente.
“Quando penso alle mie vicende ─ racconta ─ certe volte non mi sembrano neppure mie. Ma un moto di orgoglio si fa largo nel mio pensiero, restituendomi una certezza che mi conforta: dall’inizio della mia vita ho vissuto sempre in lotta, ma considerando alcune belle vittorie e la mia situazione di oggi, con accanto una donna di grande valore, posso dire che ho vinto la mia sfida. E vi assicuro che non tutti ci sarebbero riusciti”.Franco Fresi
