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Luogosanto (OT): 29 ottobre – Presentazione libri del “poeta degli stazzi”

 Sabato 29, alle 18,30, nei locali della Pro loco di Luogosanto (OT) l'editrice "Tharros" organizza la presentazione di due volumi con le poesie del poeta Pietro Frasconi “Curruleddu”, conosciuto come “il poeta degli stazzi”.

Le opere saranno presentate dallo studioso Franco Fresi.

 

“L’olbiese Editrice Taphros ha appena pubblicato per l’Accademia della Lingua Gallurese, con sede a Luogosanto, due libri di poesia dialettale del poeta Pietro Frasconi, noto Curruléddu.

Nato nel 1859 nello stazzo di La Casa Nóa, zona di Chivoni in comune di Luogosanto e morto nel 1915 a Santa Teresa di Gallura, ha avuto una vita avventurosa e tormentata come pochi; e ha rappresentato una delle punte più alte della poesia gallurese dell’Ottocento.

Uno dei due libri è una ristampa anastatica. Intitolato Canti Popolari in dialetto Gallurese era stato pubblicato nel lontano 1910 da Ditta g. Tortu a Tempio. In 320 pagine di poesia rigorosamente colta nella misura dei versi e nella pratica delle diverse stanze, anche le più difficili e poco note della tradizione poetica italiana e gallurese in particolare, il poeta sciorina la sua vita toccata profondamente dal bene e dal male, con una sincerità artistica più coinvolgente di quella degli altri grandi poeti del suo tempo.

L’altro volume, curato da Mario Scampuddu ex sindaco di Luogosanto e scrittore prolifico e puntuale della vita comunitaria gallurese, e da Maria Demuro, acuta conoscitrice della cultura e delle tradizioni galluresi, con la collaborazione di Luana Scampuddu  studentessa universitaria, è intitolato Pétru Curruléddu. Canzoni. Raccoglie le poesie inedite (Li canzoni), pazientemente cercate tra le famiglie dei parenti del poeta e degli amici, alcuni dei quali, soprattutto anziani, le avevano conservate, ”scritte” nella memoria per averle cantate tante volte nelle notti di veglia o nei dopopranzi degli incontri comunitari. Sono composizioni molto belle, non prive di una certa raffinatezza lirica. L’amore, manco a dirlo, è la fonte di ispirazione di Curruléddu, questo grande “poeta degli stazzi” che sembra destinato a restare, a scampare al profondo pozzo dell’oblio, assieme a pochissimi altri:Pétr’Alluttu (Pietro Orecchioni), di Saltara, agro di Santa Teresa di Gallura (1820-1888); Préti Migal’Andria (don Michele Andrea Tortu), di Aggius (1834-1888); Cucchéddu (Matteo Pirina), di Lu Frassu, agro di Telti (1843-1905); Gjaseppa di Scanu (Giuseppe Scanu), di Macciunitta, agro di Arzachena) (1850-1940).

Curruléddu ebbe un’esistenza decisamente più movimentata e spericolata di loro e di altri poeti meno noti della Gallura di quel tempo. Condannato a trent’anni di carcere, con l’accusa di aver ucciso un fratellastro, colpa che respinse sempre sdegnosamente, ne scontò 18 tra Sassari, Pianosa e Procida. Nel 1894, quando era ancora in carcere, perdette l’adorata  moglie Maria Di Gosciu Cascitta che le aveva dato un figlio, Francesco. In alcuni versi c’è tutto lo strazio di starne lontano e anche un avvertimento:Maria méa màgghjna di pratta / Maria méa la mé’ casta sposa / la grazia chi voddhu sia fatta.  / Cantu campi illu mundi viltuosa / no faiddhà più a frati Satta.[…] / Frati Satta però no dicu tutti / solu li chi so ghjunti a tistimogni/ l’alti si so istati bucc’asciutti / di di’ mali di mè senza bisogni…).

Liberato dal carcere (9 settembre 1901) si risposò con una certa Angela Scampuddu Curracchja che morì dopo appena tre anni dal matrimonio.

La perdita della seconda moglie rende ancora più inquito e disarmato l’animo del poeta. Troverà un pò di pace e di speranza “fugghendo”, con la bellissima luogosantese Giovanna Occhioni, in Algeria dove si dedica al commercio con la vicina Tunisia. A Bona, dove risiedono, nascono tre figli.

A Santa Teresa Gallura, durante una visita al figlio Francesco, il grande poeta Pétru Curruléddu muore assistito dal suo primogenito che non gli aveva mai lesinato affetto e comprensione. Il suo cuore ardente si è stancato e lo abbandona. È l’8 novembre del 1915.

In questo poeta il linguaggio, sempre curatissimo, ha un suo carattere così plastico e aderente alle diverse risonanze ambientali da differenziarsi addirittura tra le sue stesse poesie. Un esempio: quando il poeta parla di Chivoni e di Luogosanto, dov’è nato e vissuto, sceglie le parole più adatte alla comunicazione orale; è quasi un’operazione di trascrizione e di trasferimento in poesia dei codici dialettali caratteristici di quella comunità. Qui salta chiaramente all’attenzione il gallurese migliore, usato e vitale anche oggi nel vasto quadrilatero geografico che vede ai suoi angoli Arzachena, Aglientu, Tempio, Luogosanto e dintorni.

In altre poesie più “lontane” da quell’ambiente, pur rimanendo forte l’ispirazione e la padronanza metrica ineccepibile, fa ricorso a parole e schemi mutuati da un italiano usato altrove, soprattutto in carcere e quindi gergale e improprio.

Tutto questo per dire che la dotazione poetica nativa di Curruléddu era composita ed elastica: di quella elasticità che hanno le forze spontanee  del pensiero. Il loro coordinamento interdisciplinare è dato da una preparazione costante tanto nella poesia che nel contatto umano con le persone di ogni ordine e grado. C’è da dire anche questo: il poeta, bell’uomo, alto, prestante e ricco di famiglia si trovava sempre a suo agio con la gente altolocata come con quella più umile dei mezzadri, dei servi e dei mendicanti. Anche questo vuol dire essere poeti”.

Franco Fresi

 

 

 

 

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