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Lorighittas
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Culurgionis
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Malloreddus
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Lorighittas
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Tilicas
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Porcetto
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Busecca o matzàmini a sa sarda
Marco Gavio Apicio, gastronomo, cuoco e scrittore romano, vissuto nel primo secolo d.C., cuciniere ufficiale e personale dell’imperatore Tiberio, autore del “De re coquinaria”, una raccolta di ricette e viaggi culinari, famoso per la sua ricchezza e la passione per i piaceri della gola, noto anche per spendere cifre folli pur di avere i migliori ingredienti e sperimentare nuove ricette.
Nel suo trattato descrive ricette che ancora oggi sono di straordinaria attualità, come per esempio la trippa, entrata nella tradizione romana, cucinata con diverse parti dello stomaco bovino, ma adorava cucinare con grande interesse anche piatti con le interiora degli animali e le parti di bassa macelleria.
I Greci arrostivano la trippa sulla brace (in Sardegna ancora oggi cucinano le budella, longusu, dei bovini sulla griglia), a differenza dei Romani che la impiegavano non solo cucinata in umido, ma anche per preparare salsicce.
Sempre al tempo dei Romani, nelle, tabernae, thermopolia, cauponae e popinae, precursori dei nostri bar, osterie e tavole calde come testimoniano le recenti scoperte archeologiche di Pompei, era possibile trovare frattaglie di vario genere e trippe cucinate con abbondante grasso e vendute anche agli angoli delle strade.
Erano veri e propri ed antesignani del cibo di strada presenti in tutto il territorio dell’Impero.
In questi luoghi di ristoro dove consumare un pasto veloce, i passanti oltre alle trippe compravano e consumavano bevande fresche o vino caldo e, lungo vie era facile incontrare ambulanti e bancarelle “lixae” che vendevano pane, frittelle, salsicce, olive, formaggi, dolci e quant’altro.
Plinio il Vecchio e Galeno decantavano lo zafferano per le sue importanti qualità e per la caratteristica di impreziosire i cibi, specialmente le minestre di trippe, che risultavano essere davvero “goduriose” e senza eguali.
In periodo Medievale, la trippa veniva cucinata a lungo con un brodo denso e gustoso con varie spezie (noce moscata, chiodi di garofano e pepe lungo) ed erbe aromatiche fresche (finocchio, menta, salvia, nipitella e maggiorana), famosa è la, calcatum, o, calcadum, descritta nel “Liber de coquina”, un ricettario anonimo scritto in latino tra il tredicesimo e il quattordicesimo secolo.